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Numero voci: 430.

Cuzzoni Francesca


  • soprano
  • 1700
  • Parma
  • 1770
  • Bologna
Così l'E.S. Figlia di Angelo, quando giunse a Londra nel 1723 con uno sfarzo principesco, il Walpole la descrisse in questi termini: "Bassa e tozza, con un viso arcigno anche se di bell'incarnato, malvestita, sciocca e lunatica...". Aveva studiato a Bologna con il maestro di cappella Petronio Lanzi e esordito nella parte di Alfonso, figlio del re di Castiglia, il 6 set. 1714 nel Teatrino di Corte di Parma nelle recite de La virtù coronata ossia Il Ferando, dramma musicale di Bernardo Sabbadini. Fu retribuita con 20 doppie (B.Pal.Pr, Ms. Parm. 433). A 16 anni vi ritornò nella pastorale Dafni, e nel 1716 cantò a Mantova, nella sala "di Troia" ne Il Grand'Alessandro di Carlo Zuccari e nipote. In questo spettacolo recitarono anche nobili e dame. Nello stesso anno interpretò parti di contorno al Teatro Formagliari di Bologna nell'Alarico re dei Goti e nell'Armida abbandonata. L'anno dopo, nella stessa sala, interpretò con successo personale La Merope di Giuseppe Orlandini. Nella primavera 1717 era al Teatro S. Agostino di Genova in Engelberta e nel Venceslao, mentre nel 1718 - si fregiava del titolo di "virtuosa da camera della Granduchessa di Toscana" - ricevette il plauso di Reggio Emilia (stagione di Fiera: Le amazoni vinte da Ercole), poi di Venezia, dove fu confermata per l'anno successivo. Nel 1720 fu di nuovo al Teatro Formagliari nel Farasmane dell'Orlandini. La fama della 'Parmigiana' si estese in tutta Europa e a Londra Georg Friedrich Haendel, che gestiva la Royal Academy of Music, le offrì un contratto con la paga di 2000 sterline all'anno. Malgrado i violenti scontri, di cui si trovano larghe notizie in ogni biografia del compositore, la collaborazione durò vari anni, in cui vennero eseguite anche opere dei maggiori compositori del tempo. Il 12 gen. 1723 debuttò nell'Ottone con un trionfo: dopo 14 giorni si tenne la serata d'onore e i prezzi per l'ingresso giunsero a 50 sterline. Le vennero dedicate delle odi, in una si leggeva: "La voce della Cutzona può con la sua grandissima arte riportare i morti a vita e far morire i vivi". Charles Burney narra che nel 1725, nell'opera Rodelinda, la donna comparve in scena con un vestito che la lasciava così scarsamente coperta da scandalizzare le anziane signore che per ragioni di decenza non osavano accettare questa moda, mentre quelle che potevano permetterselo, l'adottarono "così universalmente da sembrare l'uniforme nazionale per la giovinezza e la bellezza". Nel 1726 Haendel scritturò con la stessa paga una nuova sirena dalla tecnica impeccabile, grande intelligenza e incredibile bellezza, la veneziana Faustina Bordoni, futura signora Hasse, che debuttò assieme alla Cuzzoni nell'Alessandro. Haendel aveva scritto per le due primedonne parti equivalenti, tali da mettere in evidenza i rispettivi pregi. Il pubblico subito si divise in due rumorose fazioni. Nell'opera Admeto, ricca di colorature, un entusiasta della Cuzzoni gridò: "Damn me! She has a nest of nightingales in her belly!" (Che io sia maledetto! Ha un nido di usignoli nell'utero!). Nell'Astianatte, presente la principessa di Galles, i tifosi delle 2 donne scesero alle mani, e le 2 cantanti, dopo uno scambio di insulti, si precipitarono nella rissa: il teatro ne uscì gravemente danneggiato. Al Drury Lane Theatre andò subito dopo in scena una farsa The contretemp or The rival queens, in cui le 2 cantanti si azzuffavano, mentre Haendel batteva il tempo con i timpani, e vide la luce un libello in cui si suggeriva di far combattere le contendenti in una pubblica arena in un incontro di lotta libera. Le 2 donne continuarono a lavorare assieme fino al 1728, anno del fallimento dell'impresa di Haendel. Sull'attività svolta dalla cantante dopo questo evento, in una lettera del "3 del 1729" l'abate Giuseppe Riva scriveva: "la Cuzzoni ha cantato in presenza del Duca e della Duchessa di Lorena a Luneville con quell'approvazione che merita, fu regalata d'argenteria, fu alloggiata per ordine di quelle reali Altezze da Mr Rollier loro Mastro di Casa ed ivi trattata e che la Duchessa le diede una lettera di suo pugno di raccomandazione al Principe figlio che è a Vienna. A Monaco fu ammirata da quelle Altezze Elettorali molte volte che cantò, e regalata d'un orologio d'oro a ripetizione tempestato di diamanti, che a Vienna le è stato stimato 300 ungari. A Vienna ha trovate moltissime difficoltà a riguardo alle cabbale della Laurenzana e della prottezione del Principe Pio suo amico, ma l'Imperatore l'ha poi finalmente intesa ed ammirata. Gli dica ancora che Mr Heidegger [impresario a Londra] le ha scritto una lettera ch'io ho mandata nella quale la prega di ritornare l'anno prossimo non volendo egli intraprendere le opere senza di lei, che le offre 1500 ghinee con una sicurtà di due mercanti " (A.S. Modena, Musica, b. 2, Cantori). Nel frattempo era diventata moglie del compositore Pier Giuseppe Sandoni. Il Sartori ha scritto nel 1723, durante il viaggio Venezia-Londra, il Bettòli dice nel 1727 a Parma "mentre cantava nel nostro Teatro" [ma in quell'anno non vi ha cantato], il Ferrarini, infine, conferma quest'ultima data, non il luogo. Nella stagione della Fiera di primavera del 1730 fu al Nuovo Teatro Ducale di Piacenza nello Scipione in Cartagine nuova di Geminiano Giacomelli, e nel 1731 al Teatro Malvezzi di Bologna nel Farnace di Giovanni Porta. Su invito del conte Kinsky si recò a Vienna "dove s'ebbe dapprima la più entusiastica accoglienza ma, in causa delle esorbitanti sue pretese, non poté stringere alcuna conveniente scrittura". Ritornò allora a Venezia e si esibì assieme ai più famosi cantanti, mentre nel carnevale 1733 fu ancora al Teatro S. Agostino di Genova nell'Arsace di Francesco Gasparini, nell'Olimpiade del marito e nel Tito Manlio del Pollarolo, per ritornarvi ancora nel carnevale seguente nell'Adriano in Siria del marito. Indi rientrò a Londra. Nel 1737 fuggì dalla capitale inglese in quanto, dissero, aveva avvelenato il marito: questi, però, nel 1740 era ancora vivo. Era un individuo dedito all'alcol, al gioco, alle donne: lei lo ripagava con egual moneta, essendo la sua casa un via vai di amanti. Lavorò poi alla Pergola di Firenze, a Vienna, Amburgo, Amsterdam, Stoccarda: adesso viveva con Verocai, maestro di cappella del duca di Wolfenbuttel, ma anche questo legame durò poco. Nel 1742 pubblicò a Londra Il Palladio conservato, duetti e terzetti da camera che denotano una solida preparazione musicale. Che fosse un personaggio, è provato anche dal fatto che due sue lettere, una del 1737 e una del 1771, si trovano tra i carteggi di padre Martini. Nel 1750 il Burney la udì in un concerto a Londra: "Trovai la sua voce ridotta a un filo: in effetti la gola le si era quasi ossificata dall'età e tutte le qualità di dolcezza e soavità che l'avevano già resa tanto incantevole erano ormai quasi annullate nella sua esecuzione in pubblico, quantunque sia stato assicurato da un eccellente giudice che la accompagnò in privato, che in un salotto manteneva molto dell'antica grazia e dolcezza nel cantare". Il 18 mag. 1751 il vecchio amico Haendel le fece eseguire il suo famoso Messiah. Forse fu l'ultima esecuzione: 3 mesi dopo venne arrestata per un debito di poche sterline e liberata per intercessione di un ammiratore del bel tempo andato, l'erede al trono, il principe di Galles. Si stabilì a Bologna, dove la morte si fece attendere lunghi anni: anni di privazioni, della miseria più squallida, fabbricando bottoni di seta. In Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato, il Mancini si soffermò a lungo su questa prima donna "dotata di una voce angelica sia per la chiarezza e soavità che per lo scelto suo stile. L'arte di condur la voce, di sostenerla, chiarirla e ritirarla con quei gradi dovuti ad una perfezione tale, che le dava il meritato nome di maestra. L'intonazione perfetta risiedeva in lei: aveva il dono d'una mente creativa, ed un retto discernimento del saper scegliere; e perciò il suo canto era sublime e raro". Johann Joachim Quantz aggiunge che la sua estensione andava dal do al do, due ottave, e che la pienezza e dolcezza compensavano nei suoi allegri la non grande rapidità dell'esecuzione. Sottolineava anche il valore espressivo delle colorature che "s'impossessano dell'animo di ogni spettatore per la loro espressione tenera e toccante".


BIBLIOGRAFIA: Molto ampia. Per una sintesi: ES; G.N. Vetro. Le voci del Ducato, in G.Pr, 11 lug. 1982.
©2011 Gaspare Nello Vetro autore del Dizionario della musica e dei musicisti del Ducato di Parma e Piacenza