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Numero voci: 430.

Cosselli Domenico


  • baritono
  • 27/05/1801
  • Parma
  • 09/11/1855
  • Parma
Cosselli Domenico
Cosselli Domenico - baritono (foto Legato Ferrarini)
Nacque da famiglia povera ma il padre, visto che aveva buone predisposizioni, lo mandò a frequentare prima gli studi 'umanitari', poi lo mise in seminario. A 13 anni cantava nel coro dei chierici in cattedrale e fu notato da un canonico che lo avviò allo studio della musica con l'organista. Insofferente della vita ecclesiastica, uscì dal seminario e si mise a lavorare come apprendista sellaio, per passare poi a calzolaio. La sera frequentava il teatro e cominciò a cantare a imitazione dei divi. Ferdinando Carozzi, buon musicista locale, cominciò a dargli lezioni, cui contribuirono anche Alfonso Savi e Luigi Tartagnini. Nel 1820 entrò nel coro del Teatro Ducale, dove si mise in evidenza, dato che aveva una certa cultura, mentre la massa non sapeva né leggere né scrivere. Dette delle applaudite accademie al Teatro Ducale di Parma, dove era indicato nelle locandine come 'Coscelli'. La carriera iniziò come comprimario nei piccoli teatri delle Romagne e nella primavera 1821 debuttò nel Teatro Sanvitale a Parma nell'opera Amelia e Leandro ovvero Il trionfo della rassegnazione di Germano Liberati. Nel 1822 cantò come basso nel Barbiere di Siviglia a Forlimpopoli, cui seguirono Modena, Bologna e Reggio Emilia, mentre l'anno dopo, nella stagione estiva, cantò al Teatro Ducale della città natale in Tancredi, Cenerentola e Barbiere. Data la voce morbida, sonora e agile, si specializzò nel repertorio rossiniano e raccolse trionfi in vari teatri. Emilio Casa scrisse che Rossini lo volle nella parte di Assur nella Semiramide al Teatro Carcano di Milano. Preso dall'emozione, fece però fiasco, dichiarando che avrebbe lasciato il teatro. "Ma la fortuna non permise che un astro sì bello tramontasse prima di aver compiuto il suo corso glorioso. Giacomo Tommasini, il nostro grande medico, si prese cura dell'afflitto giovane: riuscì a calmare gli accessi di sfiducia dai quali era assalito e a persuaderlo che il savio giudicare, non i mezzi dell'arte, in quella triste congiuntura, gli facevano difetto. L'illustre uomo tanto fruttuosamente adoperò che il Cosselli fu salvo". Ritornò al successo, ma non volle più cantare a Milano. Quando si affermò il repertorio romantico, fu tra i primi bassi cantanti a impersonare quelle parti di Bellini e Donizetti in cui si andava precisando la voce di baritono e, secondo il Celletti, fu il caposcuola dei baritoni verdiani: il vigore espressivo, la potenza vocale e la comunicativa gli permettevano di emergere in quasi tutte le parti interpretate. Il Censore Universale dei Teatri scrisse: "Si specchi in Cosselli chi sulla scena musicale vuole studiare la declamazione drammatica, chi vuol apprendere con qual effetto, con qual magia si esprimano le passioni cantando". Tenne a battesimo 3 opere di Donizetti: La Parisina alla Pergola di Firenze, Il giudizio universale al Carlo Felice di Genova e Lucia di Lammermoor al S. Carlo di Napoli. Con l'esclusione della Scala, oltre a quelli succitati fu presente in tutti i maggiori teatri italiani, ritornandovi anche svariate volte: al Teatro del Pavone di Perugina (Lo sposo di provincia commedia per musica di Giacomo Cordella, carnevale 1824), al Real Teatro Carolino di Palermo (1824-25), alla Fenice di Venezia (1825), al Teatro Grande di Trieste (carnevale 1828, in Amalia Palmer di Filippo Celli, Matilde di Shabran e Semiramide di Rossini, Il divorzio persiano di Pietro Generali, Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa), a Bergamo (1829), al Teatro del Giglio di Lucca (1830), al Teatro degli Avvalorati di Livorno (estate 1834 e 1837, carnevale 1842), a Forlì, Cremona, al Teatro delle Muse di Ancona (1835), al Teatro della Pergola di Firenze (nov. 1836 in Fausto di Luigi Girdigiani), al Tordinona di Roma (1837), a Codogno (Teatro Sociale, nov. 1840), a Macerata (1841), a Rovigo (1841), a Mantova (Teatro Nuovo della Società, carnevale 1842-43, Saffo di Pacini). Nel 1839, ritornando a Parma da Vienna, dove aveva creato la Lucrezia Borgia di Donizetti, Paolo Toschi gli fece omaggio di un ritratto. Rallentando con gli impegni teatrali, andava man mano approfondendo quella cultura che gli aveva consentito di interpretare i personaggi con esattezza psicologica e accuratezza di truccatura e costumi. Nel 1843 abbandonò le scene e aprì a Vienna una scuola di canto, "ma preso da mal d'occhi, poi da disgusto, tornò a casa e si riposò". Sposata la cantante Anna Scutellari, con i risparmi acquistò case e terreni e visse da signore acquistando libri, stampe, mobili di pregio. Con decreto 28 mag. 1840 Maria Luigia lo nominò virtuoso di camera onorario in "segno distinto del pregio in cui tengo le rare doti che, in fatto musicale, egli è, in modo non comune, fornito" (B.Cons.Pr, Archivio Ducale Orchestra). Quando gli offrì la carica di direttore degli spettacoli teatrali: rifiutò per accettare in seguito una magistratura onoraria, divenne socio onorario della Ducale Accademia Filarmonica. Scrisse poesie, studiò i classici con Pietro Giordani, frequentò lo studio del Toschi, intrattenne rapporti con Bellini, Donizetti, Rossini, Verdi. "Ricco di virtù e affettuosissimo, non ebbe che un grave difetto, d'essere troppo permaloso: ma la Musa glielo faceva perdonare". Compose alcune arie: Vola il tempo e la speranza, romanza per bs e pf (Mi: Lucca); Oh cara quell'alba, romanza per voce e pf (idem); Tre canzoni per bs e pf (idem); L'avvenire e il passato, romanza su versi di Luigi Sanvitale (A.S.C.Pr, Fondo Sanvitale, ms). Un busto in marmo si trova nella chiesa di Marano.


BIBLIOGRAFIA: Molto estesa: per una sintesi ES; G.N. Vetro. Le voci del Ducato, in G.Pr, 20 giu. 1982.

ultimo aggiornamento: 29/11/2005
©2011 Gaspare Nello Vetro autore del Dizionario della musica e dei musicisti del Ducato di Parma e Piacenza