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Numero voci: 284.

Parma. La corte dei Borbone


Dopo un triste periodo di guerre e spoliazioni, il 9 mar. 1749 ebbe inizio il periodo borbonico, durante il quale si ebbe una vera fioritura delle lettere e delle arti. Parma si fregiò dell’appellativo di «Atene d’Italia» o di «Parigi d’Italia», per i 4000 francesi stabiliti tra le sue mura. In quegli anni venne istituito a corte un Reale Concerto, distinto dall’orchestra e composto da professionisti di prim’ordine sia locali che stranieri: suo compito era eseguire per lo più musica da camera. Con un decreto del 22 gen. 1757 Jacques Simon Mangot, cognato di Rameau, fu «nominato Direttore di Musica del Real Concerto con 6 mille di soldo, il qual soldo cessando dalle sue funzioni viene ridotto a lire 4 mille ed alla sua morte verranno queste ridotte a lire 2 mille in favore della sua moglie e figlij» (A.S.Pr, Decreti e Rescritti). Assieme al Mangot, l’intendente generale della real casa Dutillot scritturò: una «compagnia francese di [22] scelti Professori Tragi-Comica-Ballo-Cantante», il cui I violino e direttore d’orchestra era il La Houssaye e compositore dei balli il Delisle, una «Compagnia Cantante per l’Opera Seria» composta di altri 22 elementi, che eseguirono «i più scelti Componimenti serj per musica che si conoscevano in que’ tempi in Francia ed in Italia, iltutto con quella magnificenza e buon gusto che esigeva la florida Corte». Ne faceva parte il cantante Jacques Le Noble, che era fuggito dalla Francia per aver ucciso un uomo, e che «morì sul finire dell’anno 1759 nell’Ospedale di Parma pazzo d’amore per Madamigella Gaspard che poi fu moglie di D. Arduino Naudin». Completava l’insieme una «Compagnia Danzante», di 28 elementi, tra i quali i Bianchi e i Campioni. Madamigella Rivière, la celebre I ballerina seria, «era amatissima dalla Corte. I suoi rari talenti nel Ballo, e le doti dell’animo suo sono state cantate dai migliori Poeti Parmigiani». Alla fine del 1759, con la morte della duchessa Luigia, moglie del duca Filippo, la compagnia fu sciolta: rientrarono tutti in Francia, tranne 4 che «si trattennero in Parma, impiegati nell’Orchestra e nella Ferma». Dopo la morte di Don Filippo (1766), una compagnia di francesi, diretta dal Mangot, «recitò pel corso di un anno sul Teatro pubblico dove interveniva la Corte che ne faceva la spesa, ed era accordato l’ingresso gratis ad ogni Civile persona»: tra gli 11 componenti leggiamo i nomi di Pio Quazza e signora. La morte della duchessa Isabella, moglie dell’imperatore Giuseppe II, «mise fine ad un tale divertimento». Nella quaresima del 1767 il Dutillot fece costruire un piccolo teatro nel palazzo ducale e diede l’incarico al Mangot e a Péry Boudard «di riunire una società di giovani Donzelle non maggiori dell’età di 18 anni, per farle recitare sul detto Teatro ad oggetto di divertire il giovane Regnante, e per distrarlo dalle inclinazioni che lo preoccupavano in allora». Tra le 10 fanciulle, che recitavano tragedie, commedie e cantarono operette buffe, «facendo alternativamente da uomo e da donna», vi erano Agata Mangot, figlia del maestro, e Francesca Mauris, sorella di Antonio Berthomieux.Il ‘divertimento’ con le donzelle durò 2 stagioni, poi cessò all’epoca del matrimonio di Don Ferdinando. Per le feste ducali del 1769 venne appositamente da Vienna Gluck: si limitò a riadattare musiche di suoi lavori nelle Feste di Apollo, in cui fu compreso come III atto Orfeo e Euridice.
Nel 1769 nel teatrino fu eseguita anche un’operina, La Laitère, interpretata da Léonice Boudard, Giacomo Mangot e Giovanni Richet(A.S.Pr, Fondo Moreau de St. Méry, b. 24-26). Mangot rimase in servizio - specie per la musica francese - fino alla morte (6 mar. 1791) anche se, fin dal 1766, anno del decesso di Don Filippo, la musica francese era andata perdendo di importanza.
Nel 1763 fu istituita dalla nobiltà un’Accademia di musica, composta da accademici e da «suonatori accordati per un triennio», le cui esibizioni avevano luogo settimanalmente il lunedì e il giovedì. Su questo corpo, con il patrocinio del duca, nel 1783 vide la luce l’Accademia Filarmonica.
Nei riguardi della musica gli stessi duchi furono parti attive e, oltre alle esecuzioni a corte, Don Ferdinando scrisse il libretto di un’opera, Il figlio del Gran Turco, che, musicata da Francesco Fortunati, venne eseguita nel Teatrino del palazzo di Colorno. Sempre dai Decreti e Rescritti sappiamo poi che insigni musicisti furono nominati docenti dei principini: «Trayeta Tomaso: maestro di musica dei RR Principi e Maestro pure della R. Capella» (13 dic. 1759); «Roger Elisabetta: maestro di cembalo dell’infanta Luigia Maria coll’annual assegno di lire 6 mille» (12 giu. 1764); «Fortunati Francesco: maestro di cembalo e di canto delle tre Principesse figlie di SAR coll’annuo soldo di lire 8 mille» (29 mar. 1781); «Principe ereditario: Ordine Sovrano di far acquisto di una spinetta per uso del medesimo» (19 set. 1786). Nel 1788 i principini dettero prova di aver messo a frutto gli insegnamenti ed eseguirono per il compleanno del padre una cantata a 4 voci in un atto, La contesa delle Muse, su musica di Francesco Fortunati.
A corte vi era una biblioteca musicale: il 25 mag. 1763 venne nominato «Landoni Giuseppe copista e custode dell’archivio della musica di Corte con il soldo di lire 3 mille», cui succedette il 21 lug. 1784 «Gorgni Francesco: nominato copista e custode dell’archivio della musica di Corte collo stesso soldo di lire 3 m. che godeva il di lui antecessore Giuseppe Landoni».
ultimo aggiornamento: 07/07/2014
©2011 Gaspare Nello Vetro autore del Dizionario della musica e dei musicisti del Ducato di Parma e Piacenza