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Parma, Collegio dei Nobili


Fondato il 28 ott. 1601 da Ranuccio I Farnese, accoglieva soltanto i giovanetti delle famiglie nobili di tutta Europa. Tra le varie discipline di studio era insegnato a "sonare d'ogni sorte di stromento col fondamento anche della musica, di cantare e ballare all'italiana et alla francese". Che anche l'insegnamento musicale fosse di prim'ordine, lo deduciamo dalle Annotazioni sul contrappunto del giovane allievo Scipione Maffei negli anni di frequenza al Collegio o subito posteriori: è notevole che viene anticipato il concetto di 'modo maggiore' e 'di modo minore' che nei trattati della fine del 600 non risultava ancora chiarito. Nei primi anni di funzionamento, per un periodo non precisato, vi prestò servizio quale insegnante di chitarra Francesco Asioli, capostipite della famiglia di musicisti attivi a Correggio.(Compose Concerti armonici per la chitarra spagnuola esposti da Francesco Asioli, Reggiano-Opera terza-Dedicata agli illustrissimi signori convittori del Collegio dei Nobili di Parma. In Bologna per Giacomo Monti-1676, p.48. I concerti presentano spesso difficoltà non indifferenti d'esecuzione, cosa che è indicativa del livello che raggiungevano i giovani allievi). All'inizio mancava un teatro degno di questo nome e le rappresentazioni avevano luogo in un cortile dove nel 1648, per le nozze della principessa Vittoria con il duca di Modena, fu rappresentato l'Odoardo, una tragicommedia con prologo e intermedi musicali. Nel 1652, per onorare gli arciduchi d'Austria, fu rappresentata in una sala, trasformata successivamente in cappella, la tragedia Ciro con intermedi in musica, canti e balli. Lo spettacolo durò dalle 3 alle 10 di sera e pare non desse luogo a momenti di disattenzione. Nel 1656 fu costruito un grande teatro dallo schema planimetrico a U, intitolato a S. Caterina. Subì varie modifiche e già alla fine del secolo poteva dirsi rinnovato. Al restauro e decorazione lavorò Ferdinando Galli Bibiena con la sua scuola, tra cui gli scenografi Antonio Cugini da Reggio Emilia e Pietro Righini. La planimetria era eguale a quella del Teatro Farnese: aveva però sulla porta d'ingresso un palco reale e, tutto intorno, 4 ordini di logge. Date le dimensioni non si prestava ai piccoli spettacoli, né si poteva riscaldare sufficientemente durante i mesi freddi. Così nel 1685 se ne costruì uno minore a U, "il Nobile Teatrino ad uso de' Cavalieri". Anche questo fu presto ampliato, affrescato e munito di 2 ordini di palchi: veniva usato per l'opera 'moderna', mentre la sala maggiore era riservata a quella 'classica'. I 2 teatri furono il campo principale di esperimento continuativo del cosiddetto 'teatro gesuitico', dove si rappresentavano i drammi dei maggiori scrittori dell'ordine religioso. In seguito vi fu attiva anche l'Arcadia e dopo il 1770 il teatro francese. La famiglia ducale non mancava mai di intervenire. Nel 1656, per il passaggio da Parma della regina di Svezia, si dette un grande spettacolo, il primo delle tante accademie che si trovano nella storia dell'Istituto, saggi che d'estate venivano invece eseguiti nella residenza di Sala. Risale probabilmente al 1664 il primo melodramma rappresentato dai collegiali, cui collaborarono "alcuni musici forestieri", come si legge nella Cronichetta di Parma dal 2 marzo 1663 al 1680 di Maurizio Orsi (B.Pal.Pr, ms parm. 1310) riguardo all'opera Ermengarda, eseguita il 19 apr. 1675. La presenza dei virtuosi che prestavano servizio anche a corte risulta dal libretto de Gli eventi di Filandro ed Edessa, dramma di Gaddo Gaddi, musicato da Marco Uccellini. Il 19 mag. 1690, in occasione delle fastose nozze di Odoardo Farnese, si rappresentarono una grandiosa accademia (con balli, sinfonia di trombe, concerti di liuti, mandolini, chitarre, spinette, violoni e recite in latino, tedesco, spagnolo, francese, boemo, ecc.), e 2 giorni dopo La Teodolinda "in cui si videro Lotte e Balli fatti da quei Signori con ammirabile agilità, apparendo nelle varietà delle scene l'impareggiabile virtù del famoso Pennello del sig. Ferdinando Galli detto il bibiena". 5 anni dopo, per le nozze di Francesco Farnese, si tenne nel Teatro Grande una accademia di musica, lettere ed armi che fu recitata nelle lingue nazionali degli allievi, il cui numero superava i 250, mentre nel 1714, per le nozze di Elisabetta con Filippo V, fu la volta di un'accademia con "sinfonie e danze misteriose" (A.S.Pr, Fondo Istruzione Pubblica Farnesiana 1451-1787, Collegio Dei Nobili 1600-1732, b. 9). In alcuni carnevali le rappresentazioni superarono le 15, al punto che nel 1710 il duca Francesco si risolse a invitare il rettore a moderare questa attività. Con l'estinzione della casata farnesiana (20 gen. 1731) ebbe termine il periodo più splendido del Collegio dei Nobili. Esso continuò a vivere, anche se il grande prestigio, che derivava dall'appoggio poderoso dei duchi, era venuto scemando. Questo, comunque, rimase alto e un elogio venne intessuto da Carlo Goldoni per bocca del marchese di Sana nel Cavalier Giocondo (atto IV, sc. I). Si hanno poche notizie sugli insegnanti di musica: frammentarie e derivanti per la maggior parte dai libretti degli spettacoli o dai decreti di nomina. Si sa che dal 1621 al 1655 il compositore Francesco Pio fu il prefetto della musica mentre, nel programma dell'accademia La casa del sole, data nel 1690, leggiamo che i docenti di musica erano Giuseppe Suini da Modena per il mandolino, Giacomo Luni da Bologna per il liuto e la chitarra, Antonio Lanzi per il violoncello. Il Pelicelli scrive che Antonio Tonelli da Carpi si trovava "come maestro di suono e canto" nel 1706, mentre lo Schmidl puntualizza che vi si trattenne per 15 anni: non si conosce, però, la fonte di questa notizia. Se alcuni nomi sono riportati nei libretti delle accademie del 1772, abbiamo trovato che Andrea Melegari si trovava nell'Istituto come docente di violino e che con decreto del 20 gen. 1785 (A.S.Pr, Rescritti e Decreti), essendo morto Giuseppe Dazzi, "Ferrari Carlo, maestro di violoncello [fu] nominato per istruire personalmente gli alunni", e che Francesco Berrettoni, maestro di ballo fiorentino nel 1769, il 17 ago. 1786 ebbe il permesso di recarsi nella sua patria e che nel mag. 1801 era ancora in servizio. Essendo intesa la villeggiatura come componente dell'educazione, il Collegio ebbe a disposizione prima la Villetta di Parma, poi Sala Baganza, nel 1734 Borgo S. Donnino e alla fine del 700 Fontevivo dove, oltre alla caccia riservata, nel 1791 il duca vi "fece costruire un nuovo teatrino a pianterreno a sinistra dell'entrata, adoperando il locale del vecchio teatro per costruirvi una cappella". Durante l'amministrazione francese, nonostante i molti lavori sempre fatti al Collegio (gli ultimi risalivano al 1788), i 2 teatri erano in precarie condizioni. Il Moreau fece iscrivere nel bilancio il Collegio con la spesa di 5000 lire mensili e dette una sovvenzione di 36.000 lire per far demolire i 2 teatri ormai fuori uso e per farne costruire uno nuovo con 4 ordini di palchi su progetto di Lotario Tomba, autore del contemporaneo Teatro Comunale di Piacenza. La prima pietra fu posta il 5 mar. 1804 e fu inaugurato 5 mesi dopo con una cantata eseguita il 3 ago. da 5 convittori (L'inaugurazione del nuovo Teatro del Collegio di S. Caterina di Parma. Pr: Stamperia Nazionale, 1804). Il 7 messidoro dell'anno XIII (26 giu. 1805), per la venuta di Napoleone a Parma, fu rappresentata, con il teatro aperto gratuitamente per il pubblico, La locandiera. Il ruolino dei convittori (Pr: Tip. Mussi, 1805) ci indica adesso 133 alunni, tutti però italiani. Il prefetto Nardon volle imprimere un indirizzo militare all'istruzione e agli spettacoli (Le dragon de Thionville e La bataille d'Austerlitz, in cui la parte di Napoleone fu sostenuta da Camillo Ugoni). Le famiglie dei giovanetti, preoccupate che questi fossero indotti ad accorrere sotto i vessilli napoleonici, anche se i convittori tentarono di fare resistenza, li ritirarono dal Collegio, che fu dichiarato sciolto il 21 dic. 1806. Un decreto del 17 ott. 1807 stabilì che gli arredi e la sede avrebbero ospitato l'istituendo Liceo Imperiale che, però, non vide mai la luce. Alla Cavallerizza, intanto, "si addestravano gli uffiziali della Guardia Urbana" (A.S.Pr, Comune, Spettacoli, b. 4108). Il Teatro di S. Caterina venne concesso in uso alla Società Filo-musico-drammatica, che nel 1811 vi rappresentò l'opera Agnese di Paër (Giornale del Taro, 18 mag.) e La pietra simpatica, mentre il 13 giu, per festeggiare la nascita del re di Roma, vi eseguì la cantata dell'avv. Domenico Rossetti, musicata da Giuseppe Alinovi. Maria Luigia volle la riapertura del Collegio, che fu sancita il 19 ott. 1816. Un successivo decreto del 23 gen. 1818, per restituire splendore all'antica accademia, fissò il "Regolamento per l'Accademia Filodrammatica del Ducale Collegio dei Nobili". Ricominciarono i saggi accademici (G.Pr, 23 feb. 1822) nei quali gli allievi davano prova davanti alla duchessa dei risultati conseguiti nel ballo e nella musica. Nel 1823, per incrementare il numero degli iscritti, fu abolita la limitazione che prescriveva per l'ammissione l'appartenenza alla nobiltà. Nel carnevale 1824 "gli Accademici Filodrammatici Ducali addetti al Ducale Teatro del Collegio dei Nobili [presentarono] una farsa avvicendata da pezzi di musica appositamente scritti" (B.Pal.Pr, Fogli volanti, A 27). Quell'anno insegnante di violino era Luigi Borghesi. Gli accademici erano esenti da ogni tassa d'ingresso nei Teatri Ducali ma, dato l'abuso che si faceva di questa qualifica, una successiva norma del 18 mag. 1826 limitò il numero a un massimo di 15, i cui nomi dovevano essere comunicati man mano dal rettore alla direzione del Teatro. Il 20 ott. 1831 il Collegio venne soppresso e unificato al Collegio Lalatta, dando vita al Convitto Maria Luigia. Dopo il trasferimento nella nuova sede, il restaurato Teatro di S. Caterina fu dato in uso alla Società Filodrammatica (G.Pr, 19 e 23 mag. 1838) fino al 1844, data dello smantellamento. Sulle sue spoglie sorse una palestra prima, un'autorimessa poi e, alla fine della II guerra mondiale, si procedette alla completa demolizione.
BIBLIOGRAFIA. Gaetano Capasso. Il Collegio dei Nobili in Parma. Pr: Battei, 1901; Laura Och. Interessi ed erudizione di Scipione Maffei nelle cose per musica', in "Civiltà veronese", I(1985), n. 3, p. 36; Laura Och. Musica, pedagogia gesuitica... in "I gesuiti, la musica e la danza", II. Bo: AMIS, 1990.
ultimo aggiornamento: 08/07/2014
©2011 Gaspare Nello Vetro autore del Dizionario della musica e dei musicisti del Ducato di Parma e Piacenza