1920

 

 

19 gennaio-17 febbraio 1920 - Compagnia di operette La Nazionale
Proprietario Lorenzo Bartoli; Emesto Boheme dir. orch.

gen. 19
La duchessa del Bal Tabarin, operetta di Léon Bard. (1)
Giulia Bassi; Ines Lidelba; Alfredo Orsini; Adriano Battaglini; ...

gen. 20
Il re di Chez Maxim, operetta di Mario Costa. (5)
Giulia Bassi; Ines Lidelba; Francesco Greggio; Alfredo Orsini; Adele Baratelli; Adriano Battaglini; ...

gen. 23
Eva, operetta di Franz Lehar. (3)
Giulia Bassi; Ines Lidelba; Alfredo Orsini; Francesco Greggio; ...

gen. 24
Addio Giovinezza, opera comica di Giuseppe Pietri. (2)
Giulia Bassi; Francesco Greggio; Alfredo Orsini; ...

gen. 26
Amami Alfredo, operetta di Ettore Bellini. (1)
Ines Lidelba; Alfredo Orsini; ...

gen. 27
La principessa dei dollari, operetta di Leo Fall. (2)
Giulia Bassi; Lea Leggiadri; Odette Marion; Adele Baratelli; Angelo Fiori; E. Nelli; Amerigo Razzoli; ...

gen. 28
La casta Susanna, operetta di Jean Gilbert. (2)
Ines Lidelba; Alfredo Orsini; Bianca Battaglini; Angelo Fiori; Odette Marion; Fernanda Razzoli; Adele Baratelli; Dolores Veronesi; ...

gen. 29
Prestami tua moglie, operetta di Ruggero Leoncavallo. (1)
Giulia Bassi (Nanon); Ines Lidelba (Margherita); Alfredo Orsini (Rissolin); ...

gen. 31
Madama di Tebe, operetta di Léon Bard. (2)
Giulia Bassi; Ines Lidelba; Alfredo Orsini; Francesco Greggio; Adriano Battaglini; Amerigo Razzoli; Adele Baratelli; ...

feb. 3
La vedova allegra, operetta di Franz Lehar. (2)
Giulia Bassi (Anna Glavari);...

feb.5
Santarellina, operetta di Hervé. (4)
Alfredo Orsini (organista); Ines Lidelba; ...

feb. 7
Ave Maria, operetta di Angelo Bettinelli. (3)
Ines Lidelba; Lea Leggiadri; Adele Baratelli; Alfredo Orsini; Amerigo Razzoli; Angelo Fiori; ...

feb. 9
X...Y...Z..., operetta di Mario Bona. (1)
Amerigo Razzoli (Matteo Spinazza); Giulia Bassi; Francesco Greggio; Ines Lidelba; Alfredo Orsini; Adele Baratelli; ...

feb. 11 
La signorina del cinematografo, operetta di Carlo Weinberger. (1)
Giulia Bassi; Ines Lidelba; Alfredo Orsini; Angelo Fiori; Amerigo Razzoli; Adele Baratelli; ...

feb. 14
Il conte di Lussenburgo, operetta di Franz Lehar. (2)

La compagnia La Nazionale, una tra le buone che agivano sulla piazza, giunse a Parma da Venezia, dando vita a una buona stagione, l'ultima, in quanto al termine si frantumò in tre tronconi, mentre alcuni dei maggiori interpreti confluirono in altre compagnie. Il debutto era stato annunciato con Il re di Chez Maxim ma, essendo giunto in ritardo il materiale, si dovette ripiegare sulla Duchessa del Bal Tabarin. Le interpreti principali erano il soprano Giulia Bassi, espressiva e gentile cantatrice dalla figura graziosa, già applaudita con la compagnia Lombardo n.2, e Ines Lidelba, l'elegante soubrette che aveva iniziato la carriera due anni prima al Teatro Centrale di Parma. La Lidelba, che sarebbe diventata una delle maggiori interpreti dell'operetta prima, della rivista poi, si mise in luce per la signorilità, il brio corretto, elegante, in ogni circostanza vivacissima e piacevolissima: buona e intelligente cantante, ballava bene e con passione. I duettini e le danze con Orsini, sempre comicissimo e ricco di trovate assai felici, ottennero il massimo successo, e vennero coronate da un numero incontrollabile di bis. La prima novità, Il re di Chez Maxim, era il frutto dell'incontro di Mario Costa con l'impetuoso, poliedrico e geniale Carlo Lombardo. Questi, con la consueta abilità e profonda conoscenza del gusto del pubblico, aveva commissionato le arie al Costa "che come piccoli gioielli erano conosciute e ammirate, a con quelle canzonette di amore e di nostalgia, vivaci e birichine aveva ornato con grazia infinita Il re, un vecchio spunto molto usato nel teatro di prosa. Tutta la grazia frescaea ridente delle squisite canzonette era conservata intatta", e non mancò di allietare l'uditorioea gli fece chiedere un buon numero di bis, anche per merito della buona interpretazione. Carlo Lombardo non mancò di inserire nell'operetta anche la novità del momento che, se per merito della Lidelba volle essere rivista dal pubblico, non garbò al critico della Gazzetta, che la definì: ,"quella sgraziata danza esotica, jazz, incastrata senza gusto, che fu fatta bissare". L'altra novità, X... Y... Z..., di cui l'artista Razzoli fu coautore del libretto, che Mario Bona aveva rivestito di molta musica che procedeva per temi facili e gai, piacque e divertì, pur non essendo originale. Lo stesso Razzoli rivestì il ruolo dell'interprete, un pescecane chi si era arricchito con profitti illeciti durante la guerra, dimostrando di essere un artista di vero valore. L'operetta, piacevole e di gustosa attualità, fu applaudita caldamente ricevendo vive approvazioni.

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9 febbraio 1920 - Festa goliardica per l'imberrettamento delle matricole

Dopo tanti anni tragici, venne deciso di ridar vita a questa festa, i cui utili sarebbero andati a beneficio del fondo per le onoranze degli studenti caduti in guerra e di quelli bisognosi. Il Reinach venne concesso gratuitamente, e la compagnia di operette La Nazionale dette il suo contributo alla preparazione del programma. Davanti a un teatro tutto esaurito da diversi giorni, e gremito di un pubblico elegante, oltre che di studenti con il cappello goliardico, vennero rappresentate l'opera comica di Pietri Addio giovinezza e la rivista, scritta dagli studenti stessi e musicata da Silvio Calderoni, Trouchère. Interpretate interamente da studenti e neo laureati, (di cui la Gazzetta di Parma di due giorni dopo riportò tutti i nominativi) dettero vita a una festosa serata di sana allegria. "L'orchestra, che difettò di tutte le buone qualità, non coadiuvò bene gli esecutori e lasciò spesso a desiderare. Il pubblico applaudì egualmente".

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29 febbraio-20 marzo 1920 - Compagnia d'operette e féeries cav. Luigi Maresca (Carlo Lombardo n. 3)
Direttore Nino Eller; Gennaro Gaudiosi dir. orch.

feb. 29
La regina del fonografo, operetta di Léon Bard. (2)
Renata Altieri; Elodia Maresca; Angelo Polisseni; Nino Eller; Vincenzina Barbetti; Cesare Barbetti; Ida Ronzecchi;...

feb. 20
Donne viennesi, operetta di Franz Lehar. (2)
Elodia Maresca; Angelo Polisseni; Nino Eller; Vincenzina Barbetti; Cesare Barbetti;...

feb. 21
La vedova allegra, operetta di Franz Lehar. (1)

feb. 24
Il conte di Lussenburgo, operetta di Franz Lehar. (2)
Renata Altieri; Angelo Polisseni; Amalia Maresca Meroni; Luigi De Rubeis; Giuseppe Moscatelli; Rubini; ...

feb. 25
Zampe di velluto, operetta di Luigi Rizzola. (4) 
Renata Altieri; Angelo Polisseni; Elodia Maresca; Nino Eller; Amalia Maresca Meroni; Giuseppe Moscatelli; Vincenzina Barbetti; Clea De Verdain; ...

feb. 26
La casta Susanna, operetta di Jean Gilbert. (1)
Elodia Maresca; ...

feb. 28
Eva, operetta di Franz Lehar. (1)
Renata Altieri; Angelo Polisseni; Amalia Maresca Meroni; Nino Eller; ...

mar. 2
Dall'ago al milione, féerie di Luigi Dall'Argine. (3)
Nino Eller; Angelo Polisseni; Amalia Maresca Meroni; Ida Ronzecchi; ...

mar. 5
La danza luminosa, operetta di Gino Murgi. (2)
Amalia Maresca Meroni; Angelo Polisseni; Nino Eller; Vincenzina Barbetti; Ida Ronzecchi; Argia Polisseni; Cesare Barbetti; Giuseppe Moscatelli; ...

mar. 8
La duchessa del Bal Tabarin, operetta di Léon Bard. (1)
Clea De Verdain (Edi); Amalia Maresca Meroni (Frou Frou); Nino Eller; Angelo Polisseni; ...

mar. 9
Amami Alfredo, operetta di Ettore Bellini. (1)
Amalia Maresca Meroni; Clea De Verdain; Angelo Polisseni; Nino Eller; Cesare Barbetti; Giuseppe Moscatelli; ...

Questa compagnia del cav. Luigi Maresca, ci dà occasione di confermare ancora una volta la poliedricità di Carlo Lombardo: se abbiamo già accennato al suo metodo quanto mai disinvolto nel comporre le operette, adesso ci troviamo dinanzi a una prova dell'indubbia capacità di organizzatore.Sottotitolo della compagnia era "Carlo Lombardo n. 3": infatti, oltre alla n. 1 diretta da Giuseppe Lauri, vi erano ancora la Davico-Fineschi-Lombardo e la Regini-Lombardo diretta da Gino Leoni. Questa partecipazione consentiva interventi incrociati per il miglior funzionamento delle stesse, e quanto avvenne a Parma ci offre un esempio. Ai primi di marzo, essendosi ammalata la prima donna cantante Renata Altieri, il problema venne risolto immediatamente, dirottando su Parma Clea De Verdain, "presa da un'altra compagnia della stessa ditta", che dette subito saggio "di canto corretto e bella voce". Durante la stagione si ebbe un'altra prova della elasticità nell'organizzazione: il 26 febbraio, mentre si rappresentava una scena di ballo della Casta Susanna, la soubrette Elodia Maresca cadde, procurandosi una distorsione che si dimostrò assai grave, al punto da dover lasciare la scena: il tempo di indossare il costume, e la parte venne ripresa e portata a termine con successo dalla giovane Amalia Maresca Meroni, che interpretava personaggi di contorno, e che ebbe la fortuna di continuare nelle parti di prima donna brillante fino al termine della stagione: venne descritta dal cronista "piacevole, intelligente artista, che resse bene al confronto con la sorella: cantò e ballò con grazia e vivacità, corretta ed espressiva nella recitazione". La stagione fu un susseguirsi di successi, chiamate e tutto esaurito: d'altronde gli interpreti erano ben conosciuti al pubblico parmigiano, che sapeva bene di correre pochi rischi, qualunque lavoro fosse messo in scena, data la serietà della compagnia. Il tenore Angelo Polisseni cantava e recitava con stile e poteva passare da un ruolo a un altro senza problemi, dando una prova incredibile di resistenza, lavorando tutte le sere; Nino Eller sapeva tenere ben desta la più schietta ilarità, e anche tutti gli altri dimostrarono la più elevata professionalità. Ottima l'esecuzione orchestrale, di cui furono applauditi gli a solo di violino del Peretti. Durante la stagione vennero presentate due novità: Zampe di velluto e Danza luminosa. La prima, dal libretto piacevole, era rivestita della musica scorrevole del Rizzola e che si sentiva, anzi si risentiva con diletto: "perché par proprio d'averla già sentita tante altre volte, magari anche al teatro di varietà. Vien voglia di dire che il musicista ha avuto, non una zampa, ma una mano molto abile ed esperta nello ammannire la musica". L'esecuzione fu ottima, salutata da applausi, chiamate a bis: "L'Eller specialmente d'una comicità spesso assai gustosa e che sarebbe riuscita assai più gradita se non avesse raccolto alcune volgarità che vogliamo sperare siano solo nel libretto e quindi facilmente eliminabili in una replica". Danza luminosa di Gino Murgi presentò con il consueto decoro e buon gusto un'operetta che, se si fosse fermata al secondo atto, avrebbe ottenuto un buon successo avendo in sé molti motivi per interessare e divertire: il terz'atto apparve soltanto accennato e monco: anche in questo caso si trattò di musica "riascoltata", anche se con piacere, a causa talvolta di qualche risata. Non mancarono comunque gli applausi.

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Febbraio-marzo 1920 - Concerti

feb. 18
Stagione della Società dei Concerti del Conservatorio
Ferenc Vecsey vl.

Giuseppe Tartini: Il trillo del diavolo; Johann Sebastian Bach: Ciaccona; Henri Vieuxtemps: Concerto in re min.; Henryk Wieniawsky: Souvenir de Moscou; Antonio Bazzini: La ronde des lutins, op. 25

Un pubblico assai distinto a numeroso - avvenimento raro per un concerto -assistette a questa che venne definita una festa dell'arte: Vecsey, virtuoso insuperabile, dette prova di una tecnica prodigiosa, e si fece ammirare per la cavata ampia, calda, e per il suono morbido e rotondo. Imponenti, interminabili ovazioni salutarono l'esecuzione di ogni pezzo e vennero concessi diversi bis in un crescendo d'entusiasmo.

Concerti
Vasa Prihoda vl; Asta Doubrowska pf

feb. 23
Concerto n. 1
Edvard Grieg: Serenata in do min., op. 45; Antonio Capri: Serenata al mare; Nicolò Paganini: Concerto in re magg.; Variazioni sul tema "Nel cor più non mi sento" nell' opera "La molinara" di Paisiello

Lanciato in campo internazionale da Toscanini, il diciannovenne boemo, dopo essersi esibito a Milano, Roma e Genova (con il violino di Paganini), venne a Parma per rendere omaggio alla tomba del più famoso dei violinisti. Il concerto, disertato dal popolo a causa dei prezzi elevatissimi, vedeva i posti più cari vuoti e il pubblico ammassato in loggione: regnava un'atmosfera di nervosismo, che si sciolse quando, dopo l'esecuzione del primo pezzo, una voce gridò dall'alto: "Bravo Bionden!". La tecnica portentosa e l'estro interpretativo infiammarono il pubblico: il programma, per i bis, venne quasi raddoppiato. Al termine del concerto, il pubblico attese l'artista per accompagnarlo in corteo all'albergo della Croce Bianca. Era mezza notte: ma, affacciatosi alla finestra, riprese il concerto agli ammiratori assiepati nella piazza della Steccata.

mar. 1
Concerto n. 2
Giuseppe Tartini: Il trillo del diavolo; Felix Mendelssohn Bartholdy: Concerto in mi min.; Nicolò Paganini: Concerto in re magg.; Variazioni sul tema dell' inno nazionale inglese "Dio salvi il re"

Folla di pubblico sceltissimo, elegante ed entusiasta, che tributò un nuovo imponente successo, ottenendo cinque bis. All'uscita, gli ammiratori staccarono i cavalli dalla carrozza e si sostituirono ad essi; facendo un lungo giro per le strade del centro, il virtuoso fu portato all'albergo, dal quale ripeté l'esibizione. E' da rilevare che questo traino fu criticato dalla Gazzetta di Parma, in quanto considerato lesivo della dignità di quelli che si erano sostituiti agli animali.

mar. 24
Quartetto di Praga
B. Lhotsky I vl; K. Prochaska II vl; K. Moravek vla; A. Fingerland cello.

Antonin Dvorak: Quartetto in la bem. magg., op. 105; Ludwig van Beethoven: Quartetto in fa magg., op. 135; Aleksandr Borodin: Quartetto in re magg.

A causa dei costo elevatissimo del biglietto - 17 lire! - il pubblico era scarso "ma eletto". Il Quartetto di Praga meravigliò per la fusione e precisione, vero modello di esecuzione. Venne concesso un bis.

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3-29 aprile 1920 - Compagnia di opere comiche ed operette cav. Gino Vannutelli n. 2
Direttore Enrico Pancani; materiale della casa musicale Sonzogno; Pietro Sassoli e Igino Sarti dir. orch.

apr. 3
Madama di Tebe, operetta di Léon Bard. (3)
Dora Theor; Armando Gianni; Annetta Peretti; Enrico Borghese; Guido Checchi; Italia Del Lago; ...

apr. 4
Primavera scapigliata, operetta di Joseph Strauss. (2)
Dora Theor; Armando Gianni; Enrico Borghese; Lisa Urbinati; ...

apr. 5
Il birichino di Parigi, operetta di Giuseppe Montanari. (2)
Dora Theor; Armando Gianni; Lisa Urbinati; Enrico Borghese; Italia Del Lago; Guido Checchi; ...

apr. 8
I moschettieri al convento, operetta di Louis Varney. (3)
Armando Gianni; Ada Gianni; Enrico Borghese; Lisa Urbinati; Guido Checchi; Italia Del Lago; ...

apr. 9
Dove canta l'allodola, operetta di Franz Lehar. (4)
Dora Theor; Maria Gioana; Lisa Urbinati; Armando Gianni; Guido Checchi; Enrico Borghese; Raoul Lamberti; ...

apr. 12
Addio giovinezza, opera comica di Giuseppe Pietri. (2)
Maria Gioana; Armando Gianni; Lisa Urbinati; Gemma Pinelli; Enrico Borghese; ...

apr. 13
La casta Susanna, operetta di Jean Gilbert. (2)
Dora Theor; Armando Gianni; Enrico Borghese; Gemma Pinelli; Italia Del Lago; Ada Gianni; Guido Checchi; Raoul Lamberti; Valeriano Rainelli; ...

apr. 14
Claudina, operetta di Rudolf Berger. (1)

apr. 15
Il conte di Lussenburgo, operetta di Franz Lehar. (2)
Maria Gioana; Enrico Borghese; Dora Theor; Armando Gianni; Guido Checchi; ...

apr. 16
La duchessa del Bal Tabarin, operetta di Léon Bard. (2)
Armando Gianni; Dora Theor; Maria Gioana; Enrico Borghese; Guido Checchi; Italia Del Lago; Gemma Pinelli; ...

apr. 23
La principessa della csardas, operetta di Emmerich Kalman. (6)
Dora Theor (Sylva); Armando Gianni (Boni); Maria Gioana (Stasi); Enrico Borghesi (Edvino); Anita Osella; Giacomo Osella; ...

Enrico Pancani, il direttore artistico della compagnia, era un attento ma disinvolto uomo di teatro: tanto disinvolto che, dopo aver truffato l'autore di un'operetta di La Spezia, avendogli carpito del denaro per metterla in scena, venne arrestato nel gennaio 1925 sulla nave che dall'Argentina, dove aveva allestito e diretto una compagnia di operette, lo riportava in Italia. Era un inciso. Un'accoglienza entusiastica salutò la prima, e il tutto esaurito coronò buona parte della stagione; in alcuni casi la Gazzetta scrisse "di pubblico orrendamente pigiato in ogni ordine di posti", essendo entrato egualmente, anche quando era esposto il cartello che indicava che tutti i posti a sedere erano occupati. Era evidente nella gente la ricerca di una serata di svago, di una reazione ai tempi durissimi e tutt'altro che sereni di quel primo dopoguerra: una serie di scioperi generali squassava l'economia italiana, e i prezzi salivano vertiginosamente: per la prima dell'attesissima Principessa della czardas una poltrona toccò la "pescecanesca" somma di undici lire. Le recensioni si fecero brevi in quanto, per economizzare, un decreto dell'8 aprile ordinò che i giornali non avessero più di due pagine. Il giorno prima, poi, il teatro era restato chiuso per un'agitazione politica che aveva fermato ogni attività. La compagnia fu meritevole di tutto il successo, essendo incentrata su ottimi elementi: la soubrette Dora Theor, deliziosa artista dallo spirito indiavolato, riempiva la scena di vivacità e, graziosissima, piena di brio, moine e vezzi, recitava cantava e ballava con finezza ed espressione. In occasione della sua serata d'onore, il 28 marzo, oltre a ricevere un mare di corbeilles di fiori, che trasformarono il palcoscenico in una serra, venne salutata dal pubblico del loggione con grandi cartelli inneggianti alle sue grazie e fatta segno ad una pioggia di fiori; faceva coppia comica con Armando Gianni, con il quale eseguì vibranti duettini di canto e ballo. Quest'ultimo, dalla correttissima e irresistibile comicità, dette sempre prova di garbo e di brio piacevolissimi. La coppia lirica era composta da Annetta Peretti, "cantante assai simpatica", presto sostituita da Maria Gioana, che, piacevole nella figura e in possesso di invidiabili mezzi vocali, si fece "sempre meglio apprezzare come cantante e anche come danzatrice"; il tenore era il giovane Enrico Borghese, applaudito nelle romanze, nelle più ardue delle quali dava sempre prova di essere perfettamente a suo agio. Anche gli altri interpreti furono all'altezza e l'oggetto di applausiea richieste di bis. Le novità furono: Dove canta l'allodola, che era stata presentata a Milano il mese precedente con la direzione dello stesso Lehar, e La principessa della czardas. Della prima la Gazzetta scrisse: "Sentimento e gaiezza, qualche lacrima e parecchi sorrisi, una dolcezza infinita si succedono, si alternano, si rincorrono, fra motivi di valzer, non tutti peregrini, ma certo assai piacevoli. [...] Se non corrisponde completamente ai gusti del pubblico che ama pure le cose sguaiate e volgari, è indubbiamente un lavoro che superando difficoltà non lievi, riesce ad imporsi alle repliche con le sue vicende dolci e liete, con le sue melodie melanconiche e dolcissime". La principessa della czardas, fu allestita in un'edizione magnifica, che dette il via a un succedersi di esauriti, malgrado i prezzi elevati. L'esile trama non era nuova, ma le poche scene di puro sentimento erano ravvivate da scene comiche, e il libretto era rivestito di una musica ben lontana da quella dell'altra novità della stagione: qui i valzer somministrati a piene mani si alternavano con motivetti che scorrevano facili, freschi, scintillanti, mentre il quintetto dell'ultimo atto fu una vera bomba spettacolare,ea un riso irrefrenabile sconvolse il pubblico fino alle lagrime. Dopo la prima, il metro del successo si poté misurare col fatto che tutta la città canticchiava le tante orecchiabili canzonette di cui era intessuto lo spettacolo, e specialmente quell'indimenticabile

E' questo amore
l'amore sciocco
che fa un allocco
d'ogni libero cervel...

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Maggio-luglio 1920 - Concerti

mag. 3-4
Concerti dei Cantori Bolognesi
Vittore Veneziani dir. coro.

I Cantori Bolognesi erano un complesso, raro in Italia per quei tempi, composto da quattro soprani (primi e secondi), due contralti, quattro tenori (primi e secondi) e tre bassi, il cui programma era incentrato sulla musica polifonica: prevedeva infatti mottetti di Josquin Desprès, Palestrina, Vittoria, madrigali di Marenzio, Gesualdo, Monteverdi, e canzoni di Filippo Azzaiolo, Michele Pesenti, Adriano Banchieri e Orazio Vecchi. Non è da stupire che il grosso pubblico facesse il diffidente, e disertasse lo spettacolo. I pochi ed entusiasti ascoltatori "scattarono in esplosioni di plauso" per i "piccoli capolavori, veri quadri" impreziositi da un'esecuzione precisa, colorita, squisita. Il programma fu ripetuto il giorno dopo per i membri della Società dei Concerti del Conservatorio.

mag. 14
Concerto
Wilhelm Backhaus pf I

Franz Schubert: Fantaisie; Johann Sebastian Bach/Camille Saïnt Saëns: Ouverture della Cantata n.29; Johann Sebastian Bach: Fantasia cromatica e fuga; Fryderyc Chopin: Sonata in si bem. min.; Studi op. 25 n.1-3,6,9; Studio op. 10 n.5; Franz Liszt: Rapsodia ungherese n.2

Il concerto segnò un trionfo completo, e l'interesse del pubblico si andò accentuando con il procedere del programma, per culminare con l'esecuzione di Liszt: ovazioni, chiamate, richieste di bis salutarono un'esecuzione che aveva messo in luce le eccezionali doti di virtuoso. Giulio Passerini analizzò a lungo sulla Gazzetta il programma e le caratteristiche esecutive.

giu. 25
"Grande" Manifestazione d'Arte Nuova per l'Italia
Interpretazione plastica musicale delle signorine Lilly, Jeanne e Léonie Braun, col concorso del pianista Eriberto Scarlino.

"Tre le Grazie, tre le interpreti di questa danza libera": non interessarono il grosso pubblico, che disertò il loggione, mentre era presente quello delle poltrone. Applausi per le danzatrici e massimo gradimento per la musica classica eseguita squisitamente al pianoforte, completamento necessario ad armonizzare con il ritmo le interpretazioni plastiche.

lug. 11
Concerto pro assistenza baliatica ai bambini poveri
Mandolinisti Milanesi, Morlacchi dir.; Carlo Alfieri t; Enrico Contini bs; Antonietta Balzani ms; Gino Gonizzi pf.

Parte I. Giuseppe Verdi: Nabucco, sinfonia; Riccardo Pick-Mangiagalli: Sérénade à Colombin; Petr Il'Ic Cajkovskij: Quartetto op. 11, andante cantabile (Mandolinisti); Arrigo Boito: Mefistofele, Ballata (bs); Giuseppe Verdi: Un ballo in maschera, "Invocazione" (ms); Edvard Grieg: Peer Gynt, Suite n.1 (Mandolinisti).
Parte II. Ludwig van Beethoven: Sinfonia, andante con moto; Pietro Mascagni: Guglielmo Ratcliff, introduzione (Mandolinisti); François Halévy: L'ebrea, romanza (bs); Camille Saïnt Saëns: Sansone e Dalila, "S'apre per te il mio cor" (ms); Umberto Giordano: Andrea Chenier, Improvviso (t); Paul Lacome: La feria, suite spagnola (Mandolinisti)

Promotrice della serata benefica fu la Società Pro Oltre Torrente. Era attiva in quegli anni a Parma un'orchestra a plettro intitolata a Giovanni Bottesini, e gli amanti di questo genere, uniti a coloro che volevano udire i cantanti concittadini, riempirono il teatro di un pubblico entusiasta. Carlo Alfieri, che studiava canto con Annibale Pizzarelli, aveva finito da poco il servizio militare, e questa era la prima volta che si presentava in pubblico. I Mandolinisti Milanesi dettero prova di mirabile fusione e precisione, e ogni pezzo loro e dei cantanti dovette essere bissato.

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3-4 luglio 1920 - Rappresentazione straordinaria d'opera
Anacleto Tavernari impr.; Franco Paolantonio dir. orch.

Il barbiere di Siviglia, melodramma buffo, musica di Gioacchino Rossini. (2)
Giovanni Genzardi (Almaviva) t; Pietro Bordogni (Bartolo) bs; Toti Dal Monte (Rosina) s; Enrico Molinari (Figaro) br; Carlo Melocchi (Basilio) bs; Paolo Ferretti (Fiorello) t; Ersilia Ravelli (Berta) s

Con questo spettacolo aveva inizio una tournée nei teatri dell'Emilia, e Parma poté conoscere e ammirare la Toti che, in arte da solo due anni, era già conosciuta per la sapienza e il virtuosismo che rievocava le prime donne d'altri tempi. In tutto lo spettacolo estasiò il pubblico non abituato a una tale girandola vocale ma, terminata la lezione, nella quale eseguì le cadenze e variazioni del Carnevale di Venezia, le dimostrazioni divennero imponenti, e dovette ripeterle. Il trionfo fu eguale in tutte e due le sere. Tutti andarono bene, ma il soprano monopolizzò pubblico e critica. La prima sera venne replicato il preludio, ben diretto dal giovane direttore.

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17-25 luglio 1920 - Teatro dei Piccoli di Roma
Alcide Zuccarini dir. orch.; Bianca Colombi s; Debora Coletti ms; Nello Zacchia t; Tito Verger br; Arnaldo Regner br.

lug. 17
I promessi sposi, opera di Errico Petrella. (2)

lug. 19
Cenerentola, fiaba, musica di Jules Massenet. (2) -

lug. 21
La serva padrona, musica di Giovanni Battista Pergolesi. (2)

Crispino e la Comare, melodramma fantastico giocoso, musica di Luigi e Federico Ricci. (2)

lug. 23
Alì Babà, opera comica, musica di Giovanni Bottesini. (3)

lug. 24
Le furie di Arlecchino, scena lirica, musica di Adriano Lualdi. (2)

Il Teatro dei Piccoli, i cui interpreti erano dei burattini, era stato fondato nel 1914 da Podrecca: i programmi erano incentrati sull'esecuzione di opere liriche con autentici cantanti e un'orchestra di dimensioni ridotte, mentre l'azione scenica era demandata ai "Piccoli". Costumi e scene erano sfarzosi e opera dei maggiori artisti. Già dal 6 all'11 giugno 1914 la compagnia era stata ospite del Teatro Reinach, condotta da Ugo Campogalliani (padre del famoso insegnante di canto Ettore) ma non abbiamo elencata questa presenza, essendosi trattato di rappresentazioni che non rivestivano la caratteristica di spettacolo musicale (Il trionfo della regina Adelaide, La fata Morgana, L'isola misteriosa, Sandrone re dei Mammalucchi, La casa vuota). Era stata una stagione sfortunata in quanto aveva coinciso con i sanguinosi scioperi generali del 9 e 10 giugno, e si erano lamentati morti e feriti tra i dimostranti e le forze dell'ordine. C'era andato di mezzo anche S. Giovanni Nepomuceno, la cui cappella a metà del ponte di Mezzo era stata distrutta e gettata nel torrente. Mentre nella prima visita il pubblico era mancato, questa breve stagione segnò un caloroso successo, specie tra gli adulti, successo che andò crescendo fino all'apoteosi finale con Alì Babà. Se dopo l'opera di Massenet venne eseguita anche la farsa Arlecchino sui letti volanti, la scena lirica Le furie di Arlecchino di Lualdi venne abbinata alle ultime due recite di Alì Babà. In occasione della prima di questa, l'avv. Gino Grassi commemorò Bottesini, che trentun anni prima era stato direttore del Conservatorio di musica di Parma per designazione di Giuseppe Verdi.

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21 ottobre-12 novembre 1920 - Stagione d'opera d'autunno
Franco Ghione dir. orch.; Annibale Pizzarelli dir. coro; Oliviero Gianelli e Giuseppe Del Campo m. sost.; R. Tondini sc.

ott. 21
Andrea Chenier, dramma di ambiente storico, musica di Umberto Giordano. (5)
Leonardo Del Credo (Chenier) t; Roberto Inghilleri (Carlo Gérard) br; Lya Re Mondini (Maddalena) s; Creusa Casadei (Bersi) s; Ebe Ticozzi (cont.a di Coigny, Madelon) ms; Antonio Alfieri (Roucher, Dumas) bs; Alfredo Benedetti (Fouquier, Schmidt, Fléville) bs; Tommaso Fantini (Mattieu) br; Aristodemo Bregola (un incredibile, abatino) t

Presso il grosso pubblico quest'opera aveva successo e pertanto continuava la sua onorata carriera senza infamia e senza lode. L'esecuzione della prima, causa la preparazione affrettata, non fu sempre lieta e si rilevarono non gradevoli squilibri, mentre i tre interpreti principali alternarono momenti felici a palesi insufficienze. Le scene furono giudicate poco decorose, mentre i costumi erano "da terrore". Egualmente poco preparati risultarono i cori, mentre l'orchestra si dimostrò l'unico elemento sicuro. Durante la recita "il pubblico fu disturbato e irritato dagli incomposti e insensati applausi di certi ostinati e incondizionati ammiratori dall'alto". Le riprese non furono affollate: il soprano venne riconosciuto elemento di valore e anche gli altri vennero applauditi. Il 25 si doveva dare la prima del Rigoletto: fu invece data la quarta dello Cheniera prezzi ridotti.

ott. 28
Rigoletto, melodramma, musica di Giuseppe Verdi. (6)
Alfredo Tedeschi (duca di Mantova) t; Emilio Bione (Rigoletto) br; Elena Tarcanoff (Gilda) s; Enrico Contini (Sparafucile) bs; Ebe Ticozzi (Maddalena) ms; Creusa Casadei; ...

Era stata annunciata come soprano Elisa De Livia, ma salì sulle scene la Tarcanoff. Circa la prima, la Gazzetta definì l'esecuzione artistica ... sommaria. "La divinità era assente dal tempio, sostituita appena da un brutto simulacro pietoso del dio! Passi pure una volta per Giordano, ché in fondo si può anche sopportare una menomazione senza sdegno eccessivo", ma con un'opera come questa, non era perdonabile. L'esecuzione fu infatti incolore e inefficace: tutti avevano fatto una sforzo coscienzioso, ma l'opera era inadatta ai mezzi di ogni singolo interprete. Il pubblico si comportò nel giudizio "come si conveniva": concesse qualche applauso, pur con severe e giuste riserve. Dalla seconda fu applaudito il giovane tenore Tedeschi che, passato il timore della prima, dimostrò di possedere una voce facile, simpatica, bene educata.

nov. 10
Zylya-Zy, dramma lirico, musica di Liberato Nardelli. (2)
Ester Toninello (Zylya-Zy); Corrado Bernardi (Sahib); Alfredo Benedetti (Dunn); Antonio Alfieri (Azful); Enrico Contini (Mullah); Creusa Casadei (Burfani); Aristodemo Bregola (cantore)

Lunghi articoli sulla Gazzetta precedettero e accompagnarono l'esecuzione di questa prima assoluta del Nardelli che, allievo di Pizzetti, viveva a Parma fin dal 1902: con indubbio occhio di riguardo, il tiepido successo fu dal pubblico addebitato al libretto. Vi furono comunque applausi e chiamate per interpreti, direttore e compositore. Fu scritto che all'opera non difettavano talune qualità vitali che la rendevano in determinati momenti interessante ed attraente, e non generava mai il senso della noia: sarebbe stata però altra cosa se il libretto fosse stato migliore, avesse avuto più movimento, e i personaggi un qualche rilievo. Lo stile della musica, che non dimostrava spiccata originalità di concezione e manifestava tendenze verso il sentire moderno, non dispregiando il rispetto della antiche tradizioni, presentava delle diseguaglianze, non sempre aveva intensità di espressione, e vi era qualcosa "da ridire anche sul lavorio orchestrale". La conclusione era che ci si trovava dinanzi a un esordiente con sicura conoscenza della tecnica vocale, qualità non molto comune nel teatro odierno, ma che rilevava un "non completo sviluppo della personalità del compositore", che si sarebbe fatta  nelle opere venture.

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21 settembre-14 ottobre 1920 - Compagnia di opere comiche ed operette Vannutelli n. 1
Armando Buratti, Ernani Milanesi e Nicola Ricci dir. orch.

set. 21
La principessa della csardas, operetta di Emmerich Kalman. (4)
Jole Pacifici (Sylva); Mimì Aylmer (Stasi); Enrico Dezan; Luigi Consalvo; ...

set. 23
Madama di Tebe, operetta di Carlo Lombardo. (3)
Mimì Aylmer (Miche); Enrico Dezan; Annetta Peretti; Gino Vannutelli; Amelia Consalvo; Luigi Consalvo; ...

set. 24
La casta Susanna, operetta dì Jean Gìlbert. (2)
Mimì Aylmer (m.me Pomarel); Concettina Bianchi (Giacomina); Antonietta Orsi; Armando Boris; Enrico Dezan; Luigi Consalvo; Raoul Lamberti; ...

set. 27
La vedova allegra, operetta di Franz Lehar. (1)
Armando Boris (Danilo); Annetta Peretti (Anna Glavari); Enrico Dezan (Njegus); Concettina Bianchi; Gino Vannutelli; Luigi Consalvo; Amelia Consalvo; Carolina Meillard; Concettina Bianchi; ...

set. 28
La principessa dei dollari, operetta di Leo Fall. (1)
Annetta Peretti; Gino Vannutelli; Concettina Bianchi; Enrico Dezan; Luigi Consalvo; Amelia Consalvo; Carolina Meillard; ...

set. 29
Sogno di un valzer, operetta di Oscar Straus. (3)
Jole Pacifici; Mimì Aylmer; Armando Boris; Enrico Dezan; Luigi Consalvo; Amelia Consalvo; ...

ott. 7
La fata del carnevale, operetta di Emmerich Kalman. (3)
Jole Pacifici; Mimì Aylmer; Gino Vannutelli; Luigi Consalvo; Ezio Gualtieri; Raoul Lamberti; ...

ott. 4
Il conte di Lussenburgo, operetta di Franz Lehar. (1)
Annetta Peretti; Gino Vannutelli; Mimì Aylmer; Enrico Dezan; Luigi Consalvo (Basilio); ...

ott. 6
Addio giovinezza, opera comica di Giuseppe Pietri. (1)
Annetta Peretti; Gino Vannutelli; Concettina Bianchi; Enrico Dezan; Carolina Meillard; Antonietta Orsi; ...

ott. 7
Dove canta l'allodola, operetta di Franz Lehar. (2)
Mimì Aylmer; Jole Pacifici; Luigi Consalvo; Enrico Dezan; Raoul Lamberti; Gino Vannutelli; ...

ott. 9
Eva, operetta di Franz Lehar. (1)
Mimì Aylmer (Gipsy); ...

ott. 13
La rosa di Stambul, operetta di Leo Fall. (2)
Jole Pacifici; Mimì Aylmer; Enrico Dezan;...

La compagnia Vannutelli era la numero 1 delle due che facevano capo al cavalier Gino. Seguendo l'esempio di Carlo Lombardo, questo sistema consentiva di poter disporre di un buon numero di interpreti, e far fronte così ad ogni evenienza: nel nostro caso troviamo un artista della compagnia Vannutelli n. 2, Raoul Lamberti, che, per le esigenze della compagnia n. 1, poté accorrere e prestare il suo servizio a Parma. La stagione fu fortunata: sempre folla, attratta dalla signorilità degli allestimenti, dalla bravura e affiatamento degli interpreti, teatro spesso esaurito, continuo plauso e richieste di bis. Le due prime donne erano Jole Pacifici, appassionata cantante dalla intonazione perfetta, che aveva abbandonato la lirica da pochi mesi, e sapeva stare in scena con grazia, garbo, e perfetta declamazione, e un'americanina, Mimì Aylmer, che ebbe il merito di sconvolgere letteralmente il pubblico: "maga dagli occhi lucenti", simpatica ridente bellezza, la figura elegante e graziosa, la comicità indiavolata e la recitazione garbata, aggraziata anche per l'accentare esotico, deliziò con le sue danze e si conquistò un favore raramente raggiunto da altre. Per la prima volta nella sua storia, la Gazzetta dell'8 settembre riportò la fotografia di una cantante di operetta: ed fu quella della Aylmer in occasione della sua serata d'onore, in cui cantò accompagnandosi al pianoforte alcune canzoni cui conferì una personalissima interpretazione. In un periodico di Parma del 1987, il dottor Corrado Abbati, uno dei pochi artisti che oggi si dedicano all'operetta, ha pubblicato un'intervista alla Aylmer. Se da questa risulta evidente che la soubrette di americano non aveva che la fantasia, ci rammarichiamo di non poterla riprodurre nella sua interezza, essendo uno dei pochi documenti di prima mano che presentano la vita stessa dello spettacolo e delle compagnie. Come una favola, comincia così: "Giovinetta, in seguito a rovesci familiari, dato che ero una brava pianista, dovetti cercare di guadagnarmi la vita e così pensai di fare un numero di varietà accompagnandomi al pianoforte. Belle canzoni in tutte le lingue e relativo grande successo con paghe, per quegli anni, addirittura favolose! il maestro Carlo Lombardo mi sentì in quel numero di pianoforte e mi volle prima donna della sua compagnia...". Nel 1924 la Aylmer, dotata di una volontà ferrea, dopo uno studio assiduo passò alla prosa, rinnovando anche in questa i trionfi che aveva suscitato nell'operetta. Sempre bellissima, (ma questo Abbati non lo dice) qualche anno dopo fu nel contempo oggetto delle attenzioni di Ermete Zacconi, di Galeazzo Ciano a del principe Umberto di Savoia. Chi lo ha scritto fa capire che ubi major... In questa stagione si distinsero altresì il Dezan, comicissimo giovane attor brillante e ballerino applaudito in coppia con la Aylmer, il tenore cav. Boris, "dai momenti felicissimi ed acuti splendidi", Annetta Peretti, cantante sicura e corretta, Antonietta Orsi, artista ottima, simpaticissima e sicura, la debuttante Concettina Bianchi, non ancora ventenne, che recitava e cantava bene e si dimostrò "sempre più meritevole del grande consenso che il pubblico le concede per i progressi", per non dimenticare il cav. Vannutelli, animatore infaticabile di tutte le interpretazioni. Messa in scena e costumi brillanti, opera dei più affermati disegnatori, mentre l'orchestra, essendo i migliori strumentisti confluiti nell'orchestra di Toscanini, in quella di Mascagni o dei maggiori teatri, era piuttosto esigua, pur restando all'altezza della migliore tradizione di Parma. Per raccogliere fondi per le vittime del terremoto e delle alluvioni, il 27 scesero in platea per una colletta alcuni combattenti con decorazioni  e le graziose artiste Concettina Bianchi e Carolina Meillard: furono queste a raccogliere di più. Le novità furono due, La fata di carnevale e La rosa di Stambul. La prima, sorella più giovane della Principessa della czardas, di questa non era certo più bella, e sembrava, tante erano le reminiscenza, un suo riadattamento. Kalman aveva scritto attorno ad una trama esile della musica facile, briosa, spigliata, in una innumerevole quantità di ballabili che si susseguivano incessantemente. Questo portò a bis e a chiamate alla ribalta degli artisti,che avevano dimostrato tutta la bravura. La rosa di Stambul, nuovissima, malgrado l'impegno profuso, dette l'impressione di non essere al massimo dell'affiatamento forse anche per l'azione lenta e greve. D'altra parte i dialoghi lunghissimi sembrava avessero bisogno di essere sfrondati da molte superfluità. La musica, che presentava pagine bellissimeea di buonissima fattura non suscitò tutto quell'entusiasmo che meritava: "Il pubblico, è doloroso dirlo, accolse con maggior favore i lazzi volgarissimi di un cameriere d'albergo nel terzo atto e l'intervento inopportuno nel second'atto di un numero da caffè concerto e non dette il giusto e doveroso rilievo al bel canto della Jole Pacifici, irto di difficoltà e spiegato sempre con molta passione. Dei duettini tra l'Aylmer ed il Dezan venne chiesto ed ottenuto il bis, perché danzati sempre con molta grazia e precisione". Dopo Parma, le tappe della compagnia erano Roma e Palermo.

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17 novembre-8 dicembre 1920 - Compagnia Italiana di opere comiche e operette Ivan Darclée
Direttore Eduardo Favi; Umberto Berrettoni e Ottavio Arpino dir. orch.

nov. 17
Eva, operetta di Franz Lehar. (2)
Guido Agnoletti (Ottavio); Oreste Trucchi (Dagoberto); Carmen Mialet (Gipsy); Bianca Masini Papi (Eva); ...

nov. 18
La vedova allegra, operetta di Franz Lehar. (2)
Clara Declaire (Anna Glavari); Liana Del Balzo; Guido Agnoletti; Aurelio Sghelli; Eduardo Favi; Oreste Trucchi; Nino Ascenzi; Irma Grassi; ...

nov. 19
Madama di Tebe, operetta di Carlo Lombardo. (2)
Bianca Masini Papi; Carmen Mialet; Nino Ascienzi; Eduardo Favi; Oreste Trucchi; Giulia Trucchi; ...

nov. 20
La principessa della csardas, operetta di Emmerich Kalman. (2)
Elvira Canepa; Bianca Masini Papi; Clara Declaire; ...

nov. 23
Il re di Chez Maxim, operetta di Mario Costa. (3)
Bianca Masini Papi; Aurelio Sghelli; Carmen Mialet; Oreste Trucchi; Eduardo Favi; Amelia Cavalli; ...

nov. 24
La rosa di Stambul, operetta di Leo Fall. (3)
Bianca Masini Papi; Guido Agnoletti; Carmen Mialet; Oreste Trucchi; Irma Grassi; Liana Del Balzo; ...

nov. 27
Amore in maschera, operetta di Ivan Darclée. (2)
Clara Declaire; Bianca Masini Papi; Elvira Canepa; Guido Agnoletti; Aurelio Sghelli; Eduardo Favi; Nino Ascenzi; Maria Trucchi; Irma Grassi; Oreste Trucchi; ...

nov. 30
Addio giovinezza, opera comica di Giuseppe Pietri. (3)
Bianca Masini Papi (Dorina); Aurelio Sghelli (Mario); Oreste Trucchi (Leone);...

dic. 1
Finalmente soli!, operetta di Franz Lehar. (3)
Liana Del Balzo; Guido Agnoletti; Carmen Mialet; Oreste Trucchi; Eduardo Favi; ...

dic. 4
La favola dei lillà, operetta di Bruno Grani (Grainichstaedten). (1)
Bianca Masini Papi; Guido Agnoletti; Elvira Canepa; Oreste Trucchi; Eduardo Favi; Giulia Trucchi; Umberto Franzi; ...

dic. 6
Il conte di Lussenburgo, operetta di Franz Lehar. (1)
Liana Del Balzo; Elvira Canepa; Amelia Cavalli; Eduardo Favi; Oreste Trucchi;...

dic. 8
Gli amori di Colombina, commedia mimo musicale di Umberto Berrettoni. (1)
Giulia Trucchi (Colombina); Eduardo Favi (Cassandro); Irma Grassi (Pierrot).

Ivan Darclée, che aveva lasciato cadere il cognome paterno di De Hartulary, per conservare soltanto quello più famoso della madre, si presentò a Parma in duplice veste: di impresario di una compagnia di operette e di compositore. La stagione ebbe inizio con due giorni di ritardo a causa della serie di scioperi che attanagliavano l'Italia e che rendevano incerti i trasporti ferroviari, cui erano stati affidati scene e costumi: anche a causa della mancanza di pace sociale, spesso il teatro non fu pieno come ormai avveniva da anni, anni in cui l'operetta la faceva da padrona al Teatro Reinach rispetto agli altri generi di intrattenimento. In quella stagione fu sperimentato un nuovo golfo mistico, che, però, venne definito una "fossa antiacustica", dato che aveva modificato negativamente l'acustica della sala: dopo varie proteste riportate anche dalla stampa, l'orchestra venne rialzata di quaranta centimetri, fino a raggiungere il livello ottimale: "far sentire i piani e i pianissimi". La compagnia era di ottimo livello, affiatata, e presentava i lavori con esecuzioni scrupolose e coscienziose, "con vera dignità d'arte" e con scene e costumi opera dei maestri più insigni: " quadri di magnificenza inusitata, trionfo di novità, di ricchezza"". Del cast facevano parte Bianca Masini Papi, proveniente dalla lirica, figura piacevole ed elegante, dalla voce estesa e smagliante; espressiva ed elegante, recitava anche molto bene, avendo avuto esperienza nel teatro di prosa con la compagnia Fumagalli. Altro soprano era "la piacevolissima e deliziosa cantante" Clara Declaire,che raccolse un particolare successo nella Vedova allegra come Anna Glavari: era già conosciuta al pubblico di Parma, che l'aveva applaudita nella stessa operetta nelle vesti di Valencienne, quando era stata presentata dall'indimenticabile Emma Vecla; prezioso elemento era il tenore Guido Agnoletti per la bellezza ed estensione della voce, per il metodo di canto e per il modo di stare in scena, mentre si distinsero anche i coniugi Oreste a Giulia Trucchi: lui, fratello del più famoso Renato, anche se era la prima volta che si esibiva a Parma, alla prima apparizione ricevette l'applauso di sortita. Pur giovane, fu apprezzato per essersi dimostrato comico corretto e acuto: nella sua serata d'onore, il 5 dicembre con Addio giovinezza, presentò il raccontino Facciamo bis, ballò con eleganza e precisione "quella nuova danza americana" con la prima ballerina, e diresse l'orchestra in una sinfonia buffa che aveva composto. La soubrette era Elvira Canepa: vivace e bella, cantava e ballava con passione ed eleganza, mentre Carmen Mialet, tutta brio ed eleganza, risultò piacevolissima per la grande e corretta vivacità. Un cenno di ricordo merita anche Irma Grassi, prima ballerina di un vezzoso corpo di ballo. Il giovane direttore d'orchestra Umberto Berrettoni, che non usava partitura, seppe rendere ogni particolare e fece apprezzare i lavori affidati alle sue cure, come pure applaudito fu il primo violino Cornelio Guerci nei suoi a solo.
La stagione si aprì con Eva, rappresentata, cosa che non si faceva mai, nella sua integrità. Nella ripresa del 7 dicembre, al posto di Agnoletti, si esibì come Ottavio il tenore Sghelli. Le novità presentate nella stagione furono ben quattro. Amore in maschera di Ivan Darclée su libretto di Carlo Zangarini, era stata presentata nel lontano luglio 1913 al Teatro Alfieri di Torino. Un anno prima Darclée aveva debuttato in questo campo con una deliziosa opera comica, Il capriccio antico, e si era trattato un successo prettamente italiano: di colpo gli sguardi del pubblico e della critica si erano rivolti verso di lui con ammirazione e fede. Era nato finalmente l'astro tanto atteso, il primo della scuola operettistica italiana? La sua seconda operetta, Amore in maschera, per Carlo Vizzotto era stata un passo indietro, anche se il pubblico aveva applaudito. Certo la figura di Pensée, la vedova giovane bella e ricca che si era messa in capo di provare le gioie della maternità negatele durante il matrimonio, disprezzando l'uomo cui in incognito si era data, era persino eccessivamente originale. La trama era arricchita di episodi taluni gustosi, altri vivi ed agili, ma soprattutto era sempre tessuta su di un dialogato signorile, nobile, come adesso nel 1920 accadeva assai di rado trovare. L'operetta non piacque, e il pubblico rimase freddo: era fresca, tagliata abilmente, scritta bene e improntata ad una eleganza raramente smentita, ma lo spettatore che si recava "all'operetta voleva ridere, magari col lazzo o con la sguaiataggine e, purtroppo è doloroso dirlo, non consentiva che si facesse del sentimento". Anche se erano passati pochi anni dalla presentazione, l'operetta era lontana dalla moda del momento, e la musica risultava spesso appesantita da un concertato greve o da un "finalone all'antica" che, pur essendo belli e fatti con abilità, snaturavano il carattere della musica di genere operettistico. La seconda novità Finalmente soli! di Lehar, piacque al primo atto, in quanto ricco di melodia leggiadra, arguta, fluida: e se il secondo atto apparve di un lirismo che andava oltre il genere comico, il terzo ritornò fresco ed elegante come il primo, confermando il successo della serata. Una stroncatura salutò invece La favola dei lillà che, intessuta su di una storia senza brio né movimento, era rivestita di musica spesso piacevole e fresca, con qualche spunto originale, ma strumentata in modo ingenuo e semplicetto, per non dire indegno. Lo spettacolo di chiusura della stagione, assieme a due atti di Eva, presentò Gli amori di Colombina, pantomima dèll'applauditissimo maestro Berrettoni, per il quale la Gazzetta sciorinò il suo più sciropposo lirismo: "lavoro di squisita fattura, mirabile ispirazione, grande genialità e d'orchestrazione pregevolissima [...] pagine che sono gioielli di grazia e delicatezza, tutte fluidità e dolcissime come carezze di bella mano, come profumo di fiori superbi".

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9 dicembre 1920 - Concerto
Alexandre Barjansky cello; Sophia Franzusoff pf

Ottavio Ariosti: Sonata; Johann Sebastian Bach: Preludio; Arcangelo Corelli: Adagio; Cristoph Willibald Gluck: Melodia; Wolfgang Amadeus Mozart: Gavotta; Edouard Lalo: Concerto; Anton Arenskij: Canto triste; Robert Schumann: Canto di sera; Aleksandr Glazunov: Serenata spagnola

I giornali, se pur dettero la notizia del concerto e pubblicarono il programma (anche se infarcito all'inverosimile di errori nell'indicazione dei nomi dei compositori), non dettero l'esito.

Al termine dell'anno vennero espresse da diverse parti grosse riserve nei riguardi della gestione del Teatro Reinach. Solo un anno prima era morto Cleofonte Campanini, che con il savoir faire e con l'autorità che gli derivava dalla posizione acquisita in campo mondiale, con signorilità e disponibilità aveva sempre risolto ogni problema. Adesso il nipote Italo Lohengrin, erede delle fortune, aveva dato soltanto prova di insipienza e incapacità, favorendo, pare anche con un comportamento non irreprensibile, gli immancabili portatori di critiche. I contestatori affermavano che il Comune, vendendo il Teatro nel 1913, non per nulla aveva posto la clausola che l'acquirente dovesse corrispondere "in modo particolare" a una funzione artistica e sociale. Facendo eco a questi detrattori, la Gazzetta di Parma del 20 novembre 1920 in un articolo non firmato riportava che il teatro versava in grandissima e preoccupante decadenza. Erano infatti quasi del tutto scomparsi gli spettacoli d'opera, e il pubblico era adesso "sottoposto ad un vero diluvio di operette, anzi di poche compagnie, scritturate senza alcun senso artistico e di opportunità teatrale", portando a una vera a propria "cultura intensiva di pubblico rimbecillimento". Per quel che riguardava la lirica, quella che era stata programmata si era dimostrata "una stagione asmatica, senza alcun criterio ed alcuna abilità", al punto che era stata interrotta prima del compimento. Se il fine artistico non era in tal modo certamente perseguito, gli spettacoli non presentavano neppure quella caratteristica di popolarità che, per contratto, avrebbero dovuto possedere: anche se il denaro diventava ogni giorno più caro, a causa di una inflazione galoppante, il prezzo di ingresso del Reinach, che aveva raggiunto le 7 lire, poteva definirsi "pescecanesco", e non certo alla portata delle borse delle famiglie, come era stato un tempo. Si accusava il proprietario di venir meno ai doveri nei riguardi della comunità, limitandosi a riscuotere l' affitto, senza curarsi del livello degli spettacoli presentati e, considerata l'impossibilità di uscire da questa situazione, in conclusione si chiedeva un intervento dell'amministrazione comunale tendente a rientrare nel possesso di questo bene di pubblica utilità.

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