Dei concerti

Il termine con il quale indichiamo globalmente queste esecuzioni di musica non teatrale è comprensivo di diversi generi: concerti vocali, sinfonici, bandistici, cameristici, solistici. Comunque, a qualunque di queste categorie appartenessero, rispetto agli altri spettacoli, musicali, di prosa o di arte varia, per la natura stessa di teatro popolare che caratterizzava il Reinach, essi furono proporzionalmente assai limitati.
Se nei primi tempi mancò del tutto la musica da camera, anche negli anni seguenti questa presenza fu quanto mai elitaria: poche le occasioni, scarso il pubblico. Altre erano d'altronde in città le sedi in cui ci si poteva incontrare con questa musica. Pochi anni dopo l'apertura del Reinach, nel 1875, venne fondata, una delle prime in Italia, la Società del Quartetto, i cui concerti venivano ospitati nell'elegante ridotto del Teatro Regio, mentre, dopo il 1880 e fino al 1913, l'attività cameristica proseguì nel salone della musica di palazzo Sanvitale. Altra sede, poi, divenne la sala Verdi del Conservatorio di musica. Questo genere di musica era d'altronde appannaggio di pochi filarmonici, membri di circoli riservati, le cue numerose società ne danno testimonianza.
Sempre nei primi anni la sala ospitò con una certa frequenza, in linea con il senso estetico del tempo, concerti che alternavano composizioni vocali (corali o solistiche) a quelle strumentali. Il gusto del grande pubblico, legato intimamente al melodramma, si rifletteva nei programmi e, oltre ai brani vocali, anche quelli meramente strumentali attingevano dal repertorio operistico, concedendo largo spazio alle sinfonie e intermezzi di opere. Del pari i solisti si ispiravano a questo genere con variazioni, potpourri, fantasie, trascrizioni, eseguite con i piu svariati strumenti. Caratteristica di questo genere musicale, peculiarità venuta meno con il nuovo secolo, fu che spesso l'esecuzione veniva inframmezzata negli intervalli degli spettacoli di prosa.
Tra gli strumentisti tipica in particolare fu la presenza dei grandi violinisti, le cue esibizioni segnarono la quasi totalità di queste manifestazioni: esse fecero incontrare il pubblico con esecutori provenienti dalle più disparate scuole europee, tutti con un'accentuata levatura tecnica. Alle esibizioni di questi virtuosi spesso non mancò anche la larga partecipazione di un pubblico popolare e si assistette a scene di entusiasmo tali da vedere la ripetizione della quasi totalità dei programmi, per non parlare dell'omaggio fuori dal teatro con fiaccolate, delle carrozze tirate dai più esagitati in luogo delle pariglie dei cavalli attraverso le maggiori strade della città, del concerto ripetuto dal balcone dell'albergo.
Certi tagli, certe variazioni, certe artificiose trascrizioni, in cui venivano presentate le composizioni dei classici e che mandavano in visibilio gli spettatori, oggi non sarebbero accettate: il pubblico aveva però un gusto per lo spettacolo che oggi si è perduto. Dopo un concerto basato su quelle composizioni strumentali degli autori ottocenteschi che andavano per la maggiore, che apparivano con uniformità in tutti i programmi di questo genere e che miravano a mettere in evidenza non un'ispirazione musicale bensì le aride virtù esteriori degli esecutori, il critico musicale della locale rivista Per l'arte scrisse il 12 giugno 1904: "Ah, ma quel Wienawsky [sic] non è tempo di dimenticarlo negli scaffali delle biblioteche?". Quel giovane dissidente era Ildebrando Pizzetti.
Se per incontrare nei programmi una sinfonia di Beethoven dobbiamo attendere l'aprile 1897, quando Cleofonte Campanini, con la Società Orchestrale Parmense, eseguì la Quinta, in uno di quei concerti fiume allora in auge, si deve rilevare che essa fu applaudita sì, ma non ne fu richiesto il bis, come per gli altri brani. Era il momento in cui il mutare dei gusti aveva portato anche qui quei concerti in cui era prevalente l'elemento wagneriano.
Se durante la prima guerra mondiale si ebbero dei momenti concertistici ispirati alla difesa della patria, dopo un lungo periodo di silenzio quasi assoluto in questo campo, il secondo conflitto non vide il ricorso a quello che era stato un mezzo di mobilitazione civile. Erano ormai i tempi del film-luce.