Il teatro Reinach nella memoria della città

Sparito, cancellato. In quel tragico 13 maggio 1944, vittima illustre dei bombardamenti, termina la sua esistenza il teatro Reinach, o Paganini, come si era "italianamente" chiamato dal 1938. Con la sua scomparsa si apre quella ferita, ancora non rimarginata, nel cuore della città: Piazzale della Pace.

Memoria delle parole o memoria delle cose? Come restituire ad una città un pezzo della sua storia, un edificio, un teatro in cui sono passati attori, cantanti, direttori, orchestrali, uomini e donne, pubblico, sensazioni, successi, fiaschi ...? La sorte del Teatro Reinach è ormai questa, essere oggetto e soggetto, al tempo stesso, della memoria. Diventare un libro, quindi, "entrare" in un testo che ne contenga la storia, gli avvenimenti. La memoria trova così il modo di esplicare la propria funzione di conservatrice del sapere, della conoscenza.

Ma forse è necessario fare un passo in più.

Molti di noi, la maggior parte, non hanno conosciuto il Reinach; quale memoria possiamo dunque esercitare? Avremmo il desiderio nascosto che le parole diventassero cose, che ci venisse restituito qualcosa di noi stessi, del nostro patrimonio culturale egenetico, che si è perso; vorremmo andare oltre la memoria.

Una cronologia degli spettacoli musicali vuol essere soprattutto questo: il tentativo di conoscere, di ripercorrere la storia del Reinach, anche quella più dimenticata. Valorizzare una storia, forse minore, come, per esempio, quella dell'operetta.

Ma queste classificazioni, lo sappiamo, non hanno alcun valore. Non è certo minore la storia del Reinach rispetto a quella del Teatro Regio; anzi essa è ricchissima non solo di eventi, ma di passaggi decisivi per la conoscenza delle inclinazioni, delle mode, dei generi dello spettacolo.

Una parte cospicua, la più popolare, della città passa dal Reinach, e ci passano il gusto, gli umori di differenti epoche. Quella immediatamente seguente l'Unita d'Italia, periodo di forte crisi di identità, anche e soprattutto culturale, della città stessa, dopo la perdita del ruolo di piccola capitale; quella d'inizio secolo, con i fermenti rivoluzionari sotto la cui influenza si recupera, con accenti diversi, la dimensione di città simbolo, poi la guerra, il fascismo e di nuovo la guerra.

Un periodo straordinario per capire i mutamenti che puntualmente, con il mutare delle condizioni generali, si verificano nel gusto musicale, teatrale e dello spettacolo in genere. Il Reinach è un politeama, sul palcoscenico passa di tutto: opera, operetta, concerto, commedia, tragedia, dramma dialettale, illusionisti, saltimbanchi, maghi, pugili, e, dalla creazione, un secolo fa, il cinema. Storia complessa, quindi, che in questo volume viene affrontata solo per la parte musicale, ma che certamente merita di essere completata in tutte le sue componenti.

Questa cronologia, con l'ampia introduzione di Gaspare Nello Vetro, è un primo omaggio al Reinach, in ricordo del cinquantesimo della sua distruzione e nello stesso tempo una continuazione dell'opera di Cesare Alcari, che per primo diede una sistemazione cronologica agli spettacoli musicali del "bianco politeama" all'inizio degli anni venti.

Strana sorte quella del Reinach. Nacque come dono alla città di un banchiere tedesco desideroso di quarti di nobiltà, per dare una cornice dignitosa agli spettacoli più popolari: una specie di alter ego più domestico del Regio. Anch'esso opera di parmigiano, come il teatro maggiore; il bravo e modesto architetto Pancrazio Soncini. Poi rifatto per volontà di un grande figlio di questa città, il maestro Cleofonte Campanini, negl'anni prima della Grande Guerra.

Infine violentemente strappato dalla brutalità bellica e mai più costruito. Ferita non rimarginata. Oggetto della memoria.

Valerio Cervetti