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Numero voci: 284.

Pisaroni Rosmunda Benedetta


  • contralto
  • 16/05/1793
  • Piacenza
  • 06/08/1872
  • Grazzano Visconti
Rosmunda Benedetta Pisaroni
Rosmunda Benedetta Pisaroni - contralto
Da bambina cantava nel coro delle Benedettine di S. Raimondo: vista la predisposizione, il padre le fece studiare canto prima con Vincenzo Colla, poi con Giacomo Carcani. A 12 anni il padre la condusse a Milano e la mise a studiare con il sopranista Moschini, che era al servizio del vicerè Eugenio di Beauharnais, poi con Pacchierotti, Velluti e Marchesi. Nel 1811 debuttò a Bergamo in La rosa bianca e la rosa rossa. Si narra che, presa dal panico, non volesse entrare in scena e che il padre dovette fare la mossa di suicidarsi. L'anno dopo cantò a Verona e nel carnevale 1813 fu nel Teatro Municipale di Piacenza; il 27 ott. 1813, mentre cantava a Busseto nella Proserpina di Paisiello, si salvò dall'incendio che distrusse il vecchio teatro, mentre nella stagione di autunno fu alla Pergola di Firenze. L'anno dopo fu al Teatro Nuovo di Padova, dove cantò nell'Aureliano in Palmira di Rossini, opera che riprese a Brescia nella stagione di Fiera. Nel carnevale 1814 cantò nel Tancredi al Teatro di S. Agostino di Genova, dove ritornò nei carnevali 1826 e 1827. Fino allora aveva cantato da soprano, ora, dicono per consiglio di Rossini, mutò registro e iniziò a esibirsi come contralto. Celletti ha scritto che fu un favoloso contralto dell'era rossiniana: la sua voce partiva dal fa grave e raggiungeva il pieno registro del soprano che modulava, sfumava, trillava con entusiasmanti virtuosismi; i toni appassionati raggiungevano accentuazioni impetuose e solenni con voce quasi virile nei bassi e nei centri. Mentre era intenta allo studio del nuovo repertorio, fu colpita dal vaiolo, rimanendo con il viso deturpato. Nel carnevale 1815 cantò al Teatro Ducale di Parma, nel quale non era stata mai invitata in quanto era teribilmente brutta. Nel 1817 ritornò sulle scene di quel teatro di Padova che l'aveva vista quando ancora non aveva il viso deturpato e dove Meyerbeer scrisse per lei Romilda e Costanza. Dal 1818 al 1820 fu al Teatro S. Carlo di Napoli: nella Donna del lago fu chiesto a gran voce il bis della sua cavatina, ma dato che un decreto proibiva le ripetizioni, e il pubblico insisteva, dovette intervenire la polizia per fare sgombrare il teatro. Fu poi dalla quaresima 1820 a tutto il carnevale 1821 ai Reali Teatri Carolino e di Santa Cecilia di Palermo; nella Fiera del 1821 fu al Teatro di Reggio Emilia nel Costantino di Hartmann Stunz in coppia con Fanny Tacchinardi, per recarsi poi con la famosa collega a Vicenza: il compositore, considerati i virtuosismi delle 2 primedonne, aveva dovuto lasciare nella partitura la possibilità che eseguissero "a riserva di alquanti pezzi aggiunti da altri illustri maestri" per dar modo di dare pieno sfoggio di ogni acrobatico virtuosismo vocale. Nel carnevale 1822 fu al Teatro Argentina di Roma, nella stagione di Fiera a Lugo per la riapertura del Teatro Comunale, nella Fiera del Santo a Padova, per la Fiera di agosto al Teatro Grande di Brescia e nell'autunno al Teatro Comunale di Bologna. Nel carnevale fu poi alla Scala di Milano e vi ritornò nel 1824 e 1825, mentre nel 1823 fu a Lucca e poi nell'autunno al Teatro degli Avvalorati di Livorno (dove ritornò anche nel 1832). Nella primavera 1824 fu al Teatro di via della Pergola di Firenze nella Donna del lago e in quella del 1826 dette vita alla Semiramide che nel 1825 era caduta a Parigi e, per farla risorgere Rossini volle la Pisaroni nelle vesti di Arsace. Nel 1829 cantò a Londra, poi a Cadice, nel 1831 ancora alla Scala, per ritornare nel 1832 a Cadice. Nel carnevale 1833 si esibì di nuovo a Piacenza, ma il successo dei concittadini fu di cortesia. Decise di ritirarsi, ma avendo preso l'impegno con il Teatro di Trieste, lo onorò per l'ultima presenza sulle scene. Nel feb. 1833 dette un concerto a Piacenza, come pure si fece udire nel 1848, in occasione di una manifestazione patriottica. Il marchese Corrado Pavesi Negri, che la udì, scrisse che "l'arte e il sentimento trovarono accenti non per nulla inferiori ai più bei tempi della sua carriera artistica". Socio onorario dell'Accademia Filarmonica di Piacenza dal 1825, visse in agiatezza nella città natale fino a 79 anni, lasciando parte del patrimonio ai poveri. Poco dopo il 1830 aveva acquistato a Piacenza il palazzo Rota (adesso di proprietà della Cassa du Risparmio) e il suo salotto era diventato "la meta di un pellegrinaggio continuo di maestri e di artisti; e fu per molto tempo il convegno più geniale di Piacenza colta e gentile. Ivi la cordialità più schietta accoglieva ognuno" (L. Faustini, R.B.P. Piacenza, 1884). Un ritratto che la rappresenta assieme al marito, mentre sta provando al cembalo L'italiana in Algeri, fu dipinto intorno al 1829 da François Gérard (Piacenza, Museo Civico).
BIBLIOGRAFIA: Molto ricca e presente in tutti i dizionari della musica. G.N. Vetro. Le voci del Ducato, in G.Pr, 13 feb. 1983; Piera Astorri. Quando la cantante Pisaroni passava l'estate a Colonese, in "Libertà", 23 dic. 1985 e Note sul testamento di R.P., in "Strenna Piacentina 1988", pp. 127-130; Ferdinando Arisi. Il palazzo Rota Pisaroni a Piacenza, in "Po", 1999, n. 9, pp. 45-60.
ultimo aggiornamento: 03/08/2005
©2011 Gaspare Nello Vetro autore del Dizionario della musica e dei musicisti del Ducato di Parma e Piacenza