1886

 

 

7,10 aprile 1886 - Concerti
Elena Lamiraux, vl; Bianca Lamiraux, pf.

Concerto n. 1
Henri Vieuxtemp: Fantaisie Caprice; Elena Lamiraux: Berceuse; Pablo Sarasate: Zieguenerweisen; Nicolò Paganini: Mosè (su una corda sola); .. Scherzo comico

Concerto n. 2
François Prume: Mélancolie (Pastorale); Elena Lamiraux: Rêverie; Antonio Bazzini: Le muletier (La chanson, L'orage); Nicolò Paganini: Mosè (a grande richiesta)

Dal 18 marzo al 21 aprile fu di scena la Drammatica Compagnia Italiana Calamai e Romagnoli. L'esecuzione dei concerti fu inframmezzata negli intervalli della commedia in programma. Fu un successo completo: la gentile bellezza della fanciulla bionda, l'incedere modesto e distinto attrassero subito la simpatia del numeroso e attento pubblico: questi sentimenti si tramutarono in ammirazione e entusiasmo, quando dette prova di ottima tecnica, di caldo sentimento, di esecuzione impeccabile. Il Presente, omaggio rarissimo, ne pubblicò il ritratto in zincotipia. La madre fu apprezzata come pianista. Il secondo concerto non fu che una conferma.

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24 aprile 5 giugno 1886 - Stagione d'opera di primavera
Virginio Bavagnoli impr.; Manlio Bavagnoli dir. orch.; Eraclio Gerbella dir. coro; Napoleone Mora, m. sost.

apr. 24
La traviata, melodramma, musica di Giuseppe Verdi. (12)
Ersilia Malvezzi (Violetta) s; Adele Bertusi (Flora) ms; Ippolito D'Avanzo (Alfredo) t; Adriano Acconci (Giorgio Germont) br; Carlo Pasini (Gastone) t; Massimo Gavazzoli (Douphol) br; Ugolino Ferrari (D'Obigny) bs; Augusto Castagnoli (Grenvil) bs

Malgrado i lieti pronostici, alla prima l'opera non fu fatta terminare, e il sipario calò precipitosamente affrettando la morte della povera Violetta. Tutto aveva fatto prevedere il successo: artisti conosciuti, orchestra rinforzata, egregio direttore. La Gazzetta di Parma annotava: "Bisogna averlo visto, quel pubblico bonaccione e solito a ber grosso che furia era diventato": prese pretesto ad ogni minimo inconveniente per insorgere urlando, fischiando, apostrofando, come tanti indemoniati. Gli artisti persero la bussola, e non ne azzeccarono più una. Il cronista insinuò che vi fosse quasi il partito preso di mandare a rotoli lo spettacolo. Molto più semplicemente Il Presente scrisse che l'insuccesso fu dovuto all'insufficienza del soprano e del tenore. La sera seguente lo spettacolo fu sospeso, e una locandina annunciava che l'impresario si era recato a Milano per vedere di raddrizzare lo spettacolo. Per la seconda, il 26, fu così chiamata a ricoprire il ruolo di Violetta Dolores Buireos, e l'esito fu migliore: bonaccia perfetta. Il cronista della Gazzetta rilevò che "una sola testa - sia pure innocente - era bastata a calmare le furie del Minotauro". Piacquero l'orchestra e la direzione: che ogni sera dovettero replicare il preludio atto terzo. Il 1 maggio il cast fu modificato ancora una volta: vennero scritturati il soprano Frances Prévost e il tenore Pietro Pasquali, arrivato appositamente dalla Sicilia, e andato in scena con una sola prova d'assieme. Il tenore D'Avanzo, infatti, si era rifiutato di cantare, in quanto, malgrado gli accordi verbali, non gli era stato garantito un numero minimo di recite e il pagamento anticipato di ognuna di queste: così, almeno, egli scrisse ai due quotidiani cittadini. Comunque l'opera conseguì larga messe di applausi e chiamate. La Prévost ebbe un trionfale successo e dovette bissare "Amami Alfredo", mentre il baritono Acconci quasi ogni sera era chiamato a ripetere "Di Provenza". "Il pubblico era arcicontento e stava fabbricando un piedistallo di biglietti di banca, sul quale collocare l'impresario": così la Gazzetta. Questi, visto il successo, accampando le spese straordinarie per tutti i mutamenti nel cast, aumentò il prezzo dei biglietti d'ingresso da una lira a 1,25. L'8 maggio, nella sua serata, la Prévost eseguì dopo il terzo atto la ballata dal Guarany di Carlos Gomes "Tutti dobbiamo amar": ricevette applausi, fiori, doni, e dall'impresario una moneta da 20 dollari d'oro in un astuccio di velluto. La sera dopo, a grande richiesta, la ballata venne ripetuta. Il 17 maggio l'opera, a richiesta di diversi forestieri, "fu riudita con immenso piacere". Il 2 giugno, infine, la ripresa venne diretta da Eraclio Gerbella.

mag. 15
I puritani, melodramma serio, musica di Vincenzo Bellini. (4)
Alfonso Mariani (Giorgio) bs; Augusto Castagnoli (Gualtiero) bs; Pietro Pasquali (Arturo) t; Adriano Acconci (Riccardo) br; Giulia Lamberti (Enrichetta) s; Frances Prévost (Elvira) s; Carlo Pasini (Bruno) t

Esito felicissimo dal punto di vista artistico, sebbene "in alcuni punti l'opera risenta gl'insulti del tempo". La Prévost era l'idolo del pubblico, che per lei andava in visibilio. Il tenore Pasquali denotava sempre più i suoi mezzi vocali fuori dal comune, strappando gli applausi "anche al più àpata spettatore [...]; e gli artisti, sebbene non obbligati, accondiscesero di cantare tre sere di seguito". Il teatro, però, fu quasi sempre vuoto, e l'impresario fu costretto a iniziare le prove di un'altra opera, Lucia di Lammermoor.

mag. 26
Lucia di Lammermoor, dramma tragico, musica di Gaetano Donizetti. (5)
Adriano Acconci (Enrico) br; Frances Prévost (Lucia) s; Pietro Pasquali (Edgardo) t; Alfonso Mariani (Raimondo) bs; Giulia Lamberti (Alisa) ms; Carlo Pasini (Arturo) t

"Ho visto rappresentare il capolavoro donizzettiano parecchie volte e anche da bravissime artiste; ma una Lucia così completa, così uguale, per voce, agilità, espressione, non mi era ancora occorso di vedere". La prima fu per la Prévost tutto un subisso di applausi. Era anche la serata d'onore del tenore Pasquali, che venne accomunato nella festa, e che ricevette in dono un necessaire per scrivere d'argento: fu accomunata al trionfo anche la direzione, e si volle il bis del finale atto secondo. Essendo dovuto partire il maestro Bavagnoli per impegni precedentemente assunti a Reggio Emilia, gli ultimi spettacoli furono diretti egregiamente da Eraclio Gerbella. La sera del 5 giugno l'opera fu data a beneficio dei danneggiati dall'eruzione dell'Etna: per il caldo il pubblico scarseggiò talmente che non si ricavò nemmeno la copertura delle spese. Il giorno dopo l'opera doveva essere ripetuta per la conclusione della stagione, ma, vista la situazione, l'impresario preferì non andare in scena.

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30 ottobre-5 dicembre 1886 - Stagione d'opera d'autunno
Lodovico Mantovani dir. orch.; Eraclio Gerbella dir. coro; Napoleone Mora m. sost.

ott. 30
I due Foscari, tragedia lirica, musica di Giuseppe Verdi. (11)
Alessandro Modesti (Francesco Foscari) br; Nicola Cimino (Jacopo Foscari) t; Maria Strebel (Lucrezia) s; Massimo Gavazzoli (Loredano) bs; Giacomo Rapagni (Barbarigo) t; Ugolino Ferrari (usciere) bs

La prima, davanti a un uditorio numeroso, ebbe esito discreto. Il baritono Modesti era un debuttante, ma diventò presto il beniamino del pubblico, a scapito, a volte, del tenore e del soprano. Piuttosto goffo alle prime recite, si andò affinando nel corso della stagione e, quasi ogni sera, dovette bissare "Questa è dunque l'iniqua mercede". L'11 novembre, dopo il tonfo della Linda, l'opera dovette essere ripresa per tenere aperto il teatro. Il 13 fu la serata del baritono Modesti, che dopo il secondo atto esegui "Oh! de' verd'anni miei" nell'Ernani: anche se il pubblico era scarso, concedette il bis ed ebbe in dono un anello d'oro.

nov. 10
Linda di Chamounix, melodramma, musica di Gaetano Donizetti. (1)
Francesco Cianciola (march. di Boisfleury) bs; Nicola Lorenzini (Sirval) t; Raffaele Darwal (prefetto) bs; Luigi Lenzini (Antonio) br; Sofia Davidoff (Pierotto) c; Giacomo Rapagnani (intendente) t; Annetta Gnocchi (Maddalena) s; Sara Palma (Linda) s

"Tombola! Ma che tombola co' fiocchi, come quando la si estrae in piazza il giovedi grasso. Povera Linda, così bella, così soave, così fresca, ad onta dei molti anni! Essa non meritava davvero d'essere trattata, anzi: bistrattata a quel modo. Un vero sacrilegio". Così iniziava la cronaca della Gazzetta di Parma. Il primo atto era passato via con un alternarsi di applausi al baritono e al soprano e di fischi, urla, colpi di tosse, e "risate da stroncare un rinoceronte" agli altri artisti. Al secondo, invece, il barometro segnò burrasca: siccome il tenore era stato "conciato pel dì delle feste" durante il primo atto, si era pensato di evitare rischi maggiori omettendo la sua aria. "Dio! Il pubblico se ne avvide e stimando d'essere defraudato nei suoi diritti, cominciò a fare un baccano indiavolato e a gridare: " Fuori il tenore, vogliamo sentir l'aria"!". Non potendo il soprano proseguire nella sua parte, calò la tela. Dopo un po' uscì il Rapagnani nelle vesti di avvisatore, per dire che il tenore era indisposto: La bufera riespolse con raddoppiata intensità e volarono sul palcoscenico oggetti d'ogni genere: anche due michette di pane. Venne calato il sipario definitivamente.

nov. 21
Nabucodonosor, opera, musica di Giuseppe Verdi. (8)
Alessandro Modesti (Nabucodonosor) br; Nicola Cimino (Ismaele) t; Pietro Francalancia (Zaccaria) bs; Maria Strebel (Abigaille) s; Luisa Bortolotti (Fenena) s; Massimo Gavazzoli (gran sacerdote) bs; Giacomo Rapagnani (Adballo) t

La prima sembrò iniziare sotto i migliori auspici: il preludio venne applaudito con entusiasmo dalla folla attenta. Ma passiamo la cronaca alla Gazzetta di Parma del giorno dopo: "Anche ieri sera si è avuta la stessa cagnara della Linda". Il pubblico impietoso se la prese con Fenena, la Bortolotti, una giovanetta che calcava le scene per la prima volta, anche se nel contempo applaudiva la Strebel. Nel secondo atto qualcuno del loggione si accorse che il basso aveva omesso un'aria: si trattava di solo sedici battute di importanza insignificante, ma tanto bastò a scatenare fischi e urla. Il pubblico dei palchi reagì applaudendo, ma i fischiatori ebbero il sopravvento, e si dovette calare il sipario. Dovette uscire ancora una volta il Rapagnani che non poté parlare, in quanto bombardato da proiettili d'ogni natura. Si tentò allora di ricominciare da dove si era interrotto, ma l'audacia non fu premiata, e si dovette sospendere lo spettacolo. A un tratto, un ragazzo con una bella voce da tenore si mise in loggione a cantare un'aria dei Due Foscari. Venne accolto con applausi e richieste di bis. Uscì ancora una volta l'avvisatore, annunciando che chi voleva, poteva farsi rimborsare il biglietto. Lo spettacolo riprese, e questa volta vi furono applausi anche per la povera Fenena, più morta che viva. Ancora una volta fu applicata la dura legge del teatro, e la Bortolotti fu protestata al termine dello spettacolo, e sostituita con la parmigiana debuttante Luigia Maccagni. Alla seconda il pubblico era ben disposto, e la Maccagni, anche se non era ancora pronta, fu applaudita calorosamente. Pare infatti che i debuttanti locali fossero retribuiti in biglietti d'ingresso, con cui era assicurata una folta rappresentanza di parenti e amici a sostegno di questi primi passi. Il 24, quando l'impresa aveva fatto già affiggere il manifesto che annunciava la terza, si seppe che il basso Francalancia, dopo aver ricevuto le sue spettanze, se l'era svignata. Per non tener chiuso il teatro, la serata si articolò nel terzo e quarto atto sia dei Due Foscari che del Nabucco, omettendo la parte del basso. Al pubblico non restò che contentarsi egualmente. Il 27 fu la prima volta che lo spettacolo giunse in porto "senza sconci, urla e scandali". Il pubblico dimostrò la soddisfazione nei confronti del nuovo basso, il parmigiano Lodovico Contini, che pur aveva imparato la parte in due giorni, e per il quale pertanto lo spettacolo equivaleva a una prova generale. I guai non erano però ancora finiti: la sera del 28 la rappresentazione doveva iniziare alle venti: un'ora e mezzo prima giunse all'impresario un telegramma da Milano, con cui il tenore Cimino comunicava di non poter cantare "per ragione d'interesse estraneo al teatro stop cercate rimediare". In parole povere, essendo stato retribuito, si era squagliato. L'impresario voleva andare in scena egualmente omettendo il personaggio di Ismaele, ma l'autorità di Pubblica Sicurezza, a causa delle recenti vociate, volle evitare qualsiasi rischio, e negò l'autorizzazione, per cui il teatro rimase chiuso. Il 30, con il nuovo tenore Angelo Caldi, impreparato, lo spettacolo arrivò in fondo, anche se ancora una volta rabberciato. Il 4 dicembre, in un intermezzo, il baritono Modesti cantò "Oh Lisbona al fin ti miro" nel Don Sebastiano, e il 5, ultima rappresentazione e serata d'onore di Maria Strebel che, dopo il primo atto, eseguì la cavatina di Odobella "Allor che i forti corrono" nell'Attila di Giuseppe Verdi. Una folla straordinaria e applausi cordiali salutarono la fine della travagliata stagione.

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17-18 dicembre 1886 - Concerti
Amelia Sarti vl; Ferruccio Pezzani pf.

Concerto n. 1
Henri Vieuxtemps: Fantaisie-Caprice; Henryk Wieniawski: Concerto n. 2; Antoine Simon: Berceuse, Henryk Wieniawski: Souvenir de Mouscou

Concerto n. 2
Carl Maria von Weber: Invitation à la danse, nella trascrizione di Antonio Bazzini; Antoine Simon: Berceuse; Johann Brahms: Danza ungherese; Henryk Wieniawski: Souvenir de Mouscou

La Compagnia piemontese di commedie, farse e vaudevilles di Ferdinando Garelli si intrattenne al Teatro Reinach dal 6 al 23 dicembre. Come da consuetudine, le parti del concerto vennero inframmezzate tra i quattro atti della commedia. Grande successo con applausi e chiamate, anche se il pubblico non era molto numeroso. La seconda serata confermò il giudizio lusinghiero; la Sarti suonò come bis un pezzo di Wieniawski,"una specie di mazurka deliziosissima".

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