1939

 

L'11 gennaio 1939 il Corriere emiliano pubblicava un articolo, Reinach ovvero della eterna riconoscenza, in cui si rifaceva per sommi capi la storia della fondazione del Teatro. La conclusione, per noi oggi aberrante, non era che lo specchio dell'atmosfera di quei tempi. "Già, perché se non erriamo, i Reinach tedeschi sono giudei, e, quindi, novantanove su cento il barone di Francoforte era giudeo. A rincalzo della quale, molto fondata, supposizione sta il fatto ch'egli faceva il banchiere, nonché la non meno importante constatazione sull'ottimo modo col quale seppe spendere il suo denaro. Sembra che fra gli italiani - ed anche fra i parmensi - molti uomini vi siano i quali più hanno meritato dalla Patria che non il sullodato Oscar a che, quindi, il Teatro, detto oggi Reinach, potrebbe benissimo chiamarsi in altro modo, guadagnandoci tutti, almeno in dignità". Il 2 febbraio Mario Chiodoni rispondeva: "Ho letto il Vostro ultimo articolo sulla opportunità di cambiare il nome al Teatro Reinach del quale sono il proprietario. Fascista, combattente e volontario di guerra, non mi occorrono ordini per uniformarmi alle direttive del Regime. Darò le opportune disposizioni perché il Teatro suddetto venga d'ora in poi intitolato al nome del sommo violinista Nicolò Paganini, che se pur genovese di nascita, ha legato il suo nome, in modo precipuo, ai più gloriosi fasti musicali di Parma. Saluti fascisti". E il direttore del giornale chiosava trionfante: "Ecco, vivaddio un modo semplice e rapido di risolvere le questioni. Da oggi, dunque, non più il nome dell'oscuro barone di Francoforte per il popolare secondo teatro cittadino, ma quello di Nicolò Paganini la cui tradizione illustre di musicista per tanti versi si ricollega alla gloria di Parma musicale". E in questa idiozia il proprietario del Reinach precorse i tempi: anche se di poco. Il 21 febbraio si poteva leggere che la Gazzetta ufficiale aveva pubblicato un decreto-legge per il quale era vietata ogni esterofilia nella denominazione dei locali adibiti a pubblici ritrovi, e quelli che si fregiavano di un nome non italiano, dovevano adeguarsi a questa direttiva. Di teatro, però, il Reinach non aveva ormai più che la qualifica, essendo ridotto alla stregua di uno dei tanti cinema che solo ogni tanto ospitavano qualche manifestazione di altro genere.

 

19-20 aprile 1939 - Rappresentazione straordinaria d'opera
Angelo Ferrari dir. orch.; Annibale Pizzarelli dir. coro.

Lucia di Lammermoor, dramma tragico, musica di Gaetano Donizetti. (2)
Marcello Venturini (Enrico) br; Maria Gentile (Lucia) s; Andrea Bonati (Edgardo) t; Angelo Mercuriali (Arturo) t; Ernesto Fumagalli (Raimondo) bs; Costanzo (Alisa) ms; Arnaldo Guidizi (Normanno) t

Il nuovo anno, oltre al cambiamento di nome in Teatro Paganini, portò oltre al cinematografo alcune compagnie di arte varia e riviste (tra cui quella goliardica Questo non c'entra), qualche recita drammatica, le solite compagnie dialettali mentre, dopo anni di silenzio, le note della lirica tornarono a squillare nel teatro con grande soddisfazione del pubblico che accorse numeroso. Se il coro e l'orchestra si comportarono egregiamente e il Ferrari diresse con proprietà di stile ed equilibrio, la Gentile dette prova di essere un soprano eccezionale, al punto che dovette concedere il bis della scena della follia, il Bonati, allievo di Pizzarelli, ebbe un felice esordio, vincendo l'emozione e dando prova di possedere una voce squillante, che saliva agilmente nel registro acuto, e se il baritono fraseggiò con signorilità, anche il basso a tutte le parti minori si impegnarono al massimo. Alla seconda, oltre all'applauditissima recita dell'opera, gli artisti si esibirono in un vero e proprio concerto vocale assai apprezzato e applaudito: il Venturini eseguì "il monologo di Gérard" nell'Andrea Chenier, il Bonati "Cielo e mar" nella Gioconda, il Fumagalli "Infelice tu il credevi" nell'Ernani e il soprano tutta una serie di romanze del repertorio classico.

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26 ottobre e 10 novembre 1939 - Rappresentazioni del Gruppo artistico del Dopolavoro XXVIII Ottobre
Nino Caleffi dir. orch.; Enzo Gainotti regista.

Lo zio Bernardo, commedia operetta, musica di Nino Caleffi. (2)
Giulio Clerici; Icilio Pelizza detto Cilièn; ...

Il Gruppo dopolavoristico, che si era esibito sino allora nei teatrini rionali, presentò questa commedia di Giulio Clerici e R. Preti, vera evoluzione verso il musicale dello spettacolo dialettale. La folla divertita ne volle la replica, avendo apprezzato sia la trama che le ariette piacevoli e orecchiabili.

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