1943

 

In tutto l'anno non si registrò la presenza di spettacoli musicali: al cinema, signore incontrastato, a volte si univa come avanspettacolo il varietà, ma nulla di più. Anche le grandi compagnie di rivista si erano assuefatte a presentare i loro numeri in modo da poter effettuare tre spettacoli per pomeriggio, alternandosi con i filmi, sistema collaudato che riempiva la sala, facendo segnare anche dei tutto esaurito. A giugno il teatro chiuse, in quanto i nuovi proprietari decisero di "fare un'autotoletta" che facesse migliorare le comodità, l'aspetto a provvedesse alle più urgenti necessità. "Naturalmente essi non esauriscono di certo le aspirazioni dei proprietari che, anzi, hanno in mente grandi cose per il prossimo futuro postbellico". I lavori consistettero nell'allargamento della platea, usufruendo dello spazio prima occupato dalle barcacce, migliorando la visibilità dei posti laterali, rialzando quelli arretrati e adottando la pavimentazione in legno. Vennero soppressi anche i palchi centrali e il posto ricavato venne trasformato in galleria, in modo da aumentare la capienza. Furono anche sostituite le poltrone, mentre la modifica all'impianto sonoro del cinema e il ritocco delle decorazioni, venne rinviata a un secondo tempo. Il teatro riaprì a fine settembre. La Gazzetta di Parma del 10 novembre lamentava il comportamento di alcuni spettatori che, specie la domenica, impedivano di fatto l'accesso al teatro di molte persone: infatti, pagando un solo biglietto, avevano preso l'abitudine di starsene comodamente seduti l'intero pomeriggio per assistere a due spettacoli consecutivi. "Ma un altro ben più grave inconveniente dobbiamo segnalare: l'assoluta a indecorosa ineducazione cioè, di una certa parte del pubblico, che scambia il teatro per un lupanare o qualcosa di simile e si dedica, com'è avvenuto nel primo spettacolo pomeridiano di domenica, al lancio in platea di bombette e di altri poco graditi oggetti e pronuncia le più oscene parolacce e lancia i più triviali suoni, [...] dimenticando che il giusto e sano divertimento non deve mai essere scompagnato - tanto più in questi critici e dolorosi momenti che la Patria attraversa - da compostezza a civiltà di contegno". Passando poi a parlare dello spettacolo, il cronista, dopo aver apprezzato il Trio Lescano "che non ha ancora trovato chi lo superi in intonazione a musicalità", metteva in evidenza la "necessità di bandire tutti quei dialoghi a doppio senso che poggiano sulla vieta banalità, l'impudicizia, o peggio, la sconcezza e che si insista ancora su gesti pose e frasi - a doppio senso per modo di dire che il senso e il significato sono tanto chiari ed evidenti - le quali più che far ridere dovrebbero fare arrossire chi ha un minimo di pudore e di rispetto per se stesso". Le stesse cose che abbiamo letto nei bei tempi andati, in cui il teatro era aperto alle opere e alle operette.

 

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