1923

 

 

11-14 gennaio 1923 - “Primaria” Compagnia di operette, opere comiche e féeries Novissima
Gestione D'Artico-Marrocco-Scotto; direttore Luigi Vitali; Edoardo Marrocco dir orch.; Mimi Romano m. sost.

gen. 11
La duchessa del Bal Tabarin, operetta di Carlo Lombardo. (2)
Rita D'Artico; Egle Aleardi; Carlo Garuffi; Luigi Vitali; Carlo Gallucci; ...

gen. 12
Selvaggia, operetta di Ettore Bellini. (1)
Rita D'Artico; Egle Aleardi; Adele Baratelli; Luigi Vitali; ...

gen. 13
Acqua cheta, operetta di Giuseppe Pietri. (2)
Rita D'Artico; Bianca Franzi; Luigi Vitali; Adele Baratelli; Carlo Garuffi; ...

La compagnia Novissima, che doveva protrarre la stagione fino al 21 gennaio, per indisposizione della soubrette Rita D'Artico, il 15 dovette sospendere le rappresentazioni, che non vennero riprese. La stagione aveva avuto un inizio modestó come successo, anche se il pubblico era stato numeroso. A proposito della prima, la Gazzetta aveva rilevato: "Deplorevole è stata la smania, in alcuno, di voler migliorare l'azione, con atti triviali e il dialogo con mal consigliate trivialità".

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29-30 gennaio 1923 - Compagnia d'operette
Direttore Alfredo De Torre; Giuseppe Canepa dir. orch

La danza delle libellule, operetta di Franz Lehar. (2)
Vittorina de Torre (Elena); Carla Spinelli (Tutù); Giannina Vago (Carlotta); Italo Carelli (Carlo); Cesare Barbetti (Bouquet); ...

Malgrado i dialoghi prolissi, la folla che riempiva il teatro si divertì, rise, e richiese dei bis, apprezzando la bellezza della musica, la cui interpretazione fu affiatata e colorita. Venne applaudito in special modo l'interludio con il duo di violino e arpa eseguito da Carlo Zanardo e Lucia Zanini. Tutti si comportarono al meglio.

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31 marzo-8 aprile 1923 - Stagione d'opera di primavera
Anacleto Tavernari impr.; Gustavo Antonini dir. orch. -

mar. 31
Cavalleria rusticana, melodramma, musica di Pietro Mascagni. (6)
Eva Todoli (Santuzza) s; Piera D'Astrea (Lola) ms; Giuseppe Siliego (Turiddu) t; Mario Zani (Alfio) br; Olga Ambonetti (Lucia) c

Pagliacci, dramma, musica di Ruggero Leoncavallo. (6)
Olga Guerrieri (Nedda); Amador Famadas (Canio), t; Mario Zani (Tonio) br; Luigi Parodi (Peppe) t; Victor Damiani (Silvio) br

"Folla ansiosa di riudire i delicatissimi sospiri di Santuzza e gli urlacci disperati del povero Canio"", e che accompagnò l'esecuzione con applausi, beccate e zittii. Vennero applauditi e bissati l'intermezzo della Cavalleria e il prologo dei Pagliacci, nel quale si disimpegnò "con tondi e tonanti acuti" il baritono Zani, "un giovane che potrà fare carriera". Gli altri, "avvelenati" dal panico fecero del loro meglio: erano elementi modesti, coscienziosi, e pieni di buona volontà, per cui nelle repliche il livello delle rappresentazioni migliorò. Molto bene si disimpegnò "l'esigua schiera orchestrate". A quanto pare, quelli che sarebbero stati i registi dei nostri giorni, cominciavano allora gli aberranti e presuntuosi esperimenti, di cui si sarebbero macchiati specie in questo secondo dopoguerra: "Tonio cantò il prologo in frac, cravatta bianca, e scarpe di coppale: innovazione che è solo una modesta idiozia".

apr. 3
Rigoletto, melodramma, musica di Giuseppe Verdi. (4)
Adolfo Bellotti (duca di Mantova) t; Carlo Galeffi (Rigoletto) br; Mercedes Capsir (Gilda) s; Albino Marrone (Sparafucile) bs; Piera D'Astrea (Maddalena) ms; Olga Ambonetti (Giovanna, cont.a Ceprano) ms; Leonardo Ontano (Monterone) br; Enrico Percuoco (Marullo) br; Luigi Parodi (Borsa) t; Riccardo Ghini (Ceprano) bs

Un pubblico esigente (aveva pagato 40 lire per una poltrona!) si dimostrò subito entusiasta per i due grandi interpreti che impreziosirono l'esecuzione di questa popolarissima opera. Carlo Galeffi dette prova di compiutezza artistica e, rinunciando ai facili effetti plateali che la parte avrebbe potuto offrirgli, fuse in un complesso ammirabile l'interprete e il cantante: vigoroso ed espressivo, con la voce calda e vellutata tenne infatti il personaggio in un'atmosfera di commossa umanità. Tra un subisso di applausi, dovette bissare "Sì, vendetta". La Capsir, elegante, precisa, dalla voce agile virtuosa e vibrante, seppe imprimere accenti drammatici al suo personaggio e, assieme al flautista Renato Giovannelli, dovette ripetere la cadenza "Caro nome"". Il tenore Bellotti, incerto in principio, venne incoraggiato dal pubblico e, alla fine, applaudito, mentre tutti assolsero con impegno alla parte loro. In complesso un ottimo spettacolo, che dovette tenere alti i prezzi, avendo il teatro come dote il solo pubblico.

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12-16 aprile 1923 - “Grande” Compagnia di operette
Direttore Alfredo De Torre; Ezio Virgili dir. orch.

apr. 12
Scugnizza, operetta di Mario Costa. (2)
Vittorina De Torre (Salomè); Lea De Pacis (Gaby Gutter); Ersilia Righini (Maria Grazia); Piero Orsatti (Totò); Alfredo De Torre (Chic); Pompeo Pompei (Toby Gutter); Oliviero Furlai (Dick); Chino Marchi (domestico)

apr. 14
La danza delle libellule, operetta di Franz Lehar. (4)
Vittorina de Torre (Elena); Carla Spinelli (Tutù); Rossana Del Ry (Carlotta); Alfredo Plinio (Carlo); Alfredo De Torre (Bouquet); Pompeo Pompei (Piper);...

I due spettacoli eseguiti in questa stagione, che si presentava come "tournée Scugnizza: l'ultimo grandioso successo operettistico del giorno: nuovissima per Parma", ebbero una cordiale accoglienza, sia per la bontà della musica che degli interpreti, che dettero vita a una magnifica esecuzione, sullo sfondo di una messa in scena sfarzosa su bozzetti e figurini di Caramba. La soubrette Vittorina De Torre, "artista elegante, graziosa, intelligente e simpaticissima"", che era stata già ammirata prima danzatrice del Teatro Regio e si era formata alla scuola della Scala di Milano, assieme al marito, il comico "cavalier Alfredo" interpretò duettini cantati e ballati in modo perfetto, compreso un "graziosissimo shimmy"; i cantanti Lea De Pacis e Piero Orsatti provenivano dalla lirica, e dettero prova di misura e buona scuola: tutti furono perfetti e piacevoli, e fu notata la grazia e l'armonia del corpo di ballo. La trama di Carlo Lombardo e Mario Costa, ambientata tra ricchi americani e cenciosi abitatori dei bassi partenopei, non si proponeva minimamente fini sociali: l'unico impegno era quello di dar vita a una versione italiana dell'operetta che, nata con il can can, sviluppatasi con il valzer, si basasse sulla canzone. Costa, infatti, voleva dire canzone, e fu il padre, assieme al Tosti, della musica vocale da camera italiana a cavallo dei due secoli. Nella novità Scugnizza Carlo Lombardo importò per la prima volta a Parma un metodo di coinvolgimento del pubblico, che poi diventò comune in questo genere di spettacoli leggeri: una locandina, distribuita all'ingresso della sala, riportava il "Fox trot della scugnizza" con l'avvertenza che sarebbe stato cantato dal pubblico dopo il secondo atto. All'inizio del terzo, infatti, calò lo schermo cinematografico, che riportava le parole del refrain

Napoletana
come canti tu
Napoletana
non udrò mai più
Hai nella voce
tutto un paradiso
Il mio sorriso
il tuo bel mar
Chi può scordar!

"che il pubblico cantò in coro, che applaudì, che ricantò, che riapplaudì...". Di questa operetta, tutta un fluire di musica piena di sentimento, tutta napoletana, anche se richiamava a volte motivi dello stesso autore - "peccato che il libretto esasperante, fosse uno dei soliti raffazzonamenti di Carlo Loribardo!"... - faceva parte anche un altro storico motivo:

Salomé,
una rondine non fa primavera...

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1-15 maggio 1923 - Compagnia d'operetta Tommaso Mauro n. 1
Direttore Oreste Trucchi ; Adolfo Del Vecchio e Vittorio Palma dir. orch.

mag. 1
La bajadera, operetta di Emmerich Kalman. (7)
Dino Bona (pric. Radjami); Bianca Masini Papi (Odette); Oreste Trucchi (Napoleone); Giacomo Osella (Luigi Filippo); Nietta Zanoncelli (Marietta); Arrigo Boschetti (col. Parker); E. Bossi (conte Armando); Alessandro Bassi (Pimprinette); R. Sandoni (Trebisonde); Raffaele Cappelli (Cohen); Edoardo Gheduzzi (Devva Singh); A. Pavia (Devva); L. Bassi (Fefé); N. Bona (Jolly); Cesare Muccini (dir. del bar); Giulio Basetti (Jonny)

mag. 4
Manovre d'autunno, operetta di Emmerich Kalman. (1)
Bianca Masini Papi; Italo Carelli; Anita Osella; Giacomo Osella; Dolores Barbini; . . .

mag. 8
Frasquita, operetta di Franz Lehar. (5)
Giacomo Osella (Aristide); Anita Osella (Dolly); Italo Carelli (Armando); Oreste Trucchi (Ippolito); Bianca Masini Papi (Frasquita); ...

mag. 14
Juschi, operetta di Ralph Benatzky. (1)
Dino Bona (Billie); Bianca Masini Papi (Juschi); Oreste Trucchi; Anita Osella; Giacomo Osella; Maria Sandoni; ...

mag. I5
Sibilla, operetta di Giorgio Jacobi. (1)
Nietta Zanoncelli; Oreste Trucchi; Dolores Barbini; Dino Bona; Giacomo Osella; Anita Osella; Alessandro Bassi; ...

Questa stagione, quasi per intero incentrata su novità, ebbe buon successo: Bajadera e Frasquita ebbero un buon numero di repliche. Anche se il libretto della Bajadera era tenue e prolisso, basato su una scipita trama sentimentale, ambientata come al solito a Parigi, la facile vena compositiva che animava i cori, le romanze, i motivi danzanti, i duetti comici, "piacevolissimi, coloriti, ricchi di originalità, vivacità e varietà, ma nel contempo di sentimento, dalla forma elegante e graziosa, sostenuti da una ricca strumentazione e con finali pieni di grandiosità", uniti a un'impeccabile interpretazione, "piacevole, spigliata, affiatata", vennero premiati con applausi, bis, tris, e teatri esauriti. I fox trot, gli shimmy, nuovi motivi che avevano in gran parte sostituito i valzer nell'operetta, apparvero destinati a sicura popolarità. Molto bene anche l'orchestra, diretta da Adolfo Del Vecchio, già allievo del Conservatorio di musica di Parma. Nello spettacolo del 6 maggio, la parte di Marietta venne sostenuta da Anita Osella che, cantando, recitando e ballando con spigliatezza, non fece rimpiangere Nietta Zanoncelli, mentre il tenore Dino Bona cedette il posto al Carelli; in quello del 7 Dolores Barbini debuttò con successo, sostituendo addirittura Bianca Masini Papi: era la serata d'onore di Oreste Trucchi, fine dicitore nei fuori programma, Baci perduti e Sognai, danzatore meraviglioso in un "coktail", e direttore d'orchestra nella sua celebre Sinfonia. L'11 fu infine la serata del tenore Carelli. Frasquita, da alcuni definita una piccola Carmen a lieto fine, fu un altro omaggio reso da Lehar al fascino femminile. Tenuta a battesimo il 12 maggio 1922 al Teatro An der Wien, ebbe tra i più grandi riconoscimenti che operetta avesse ricevuto: il mezzosoprano catalano Conchita Supervia, personalissima per la sua avvenenza, il brio scenico, il timbro caratteristico, una delle Carmen più famose e discusse, volle cimentarsi anche nelle vesti della gitana lehariana; l'Opéra Comique di Parigi mise in scena l'operetta nel 1933, in occasione della consegna della Legion d'onore al suo autore, mentre il film che la rappresentò nel 1934 ci mostra un Lehar che dirige l'ouverture con gesto elegante e morbido. La compagnia Mauro, quella che presentò Frasquita al Reinach, nel 1924 la eseguì con la Masini Papi e il tenore parmigiano Bona al Teatro Eliseo di Roma, diretta dallo stesso Lehar, che fu poi ricevuto a Palazzo Chigi da Benito Mussolini, che gli disse che la sua musica gli procurava sempre un grande godimento spirituale. L'anno dopo, al Politeama Rossetti di Trieste, diresse ancora la stessa compagnia, e per l'occasione inserì vari brani inediti. In questa presentazione al nostro Reinach, "non c'era più il Lehar dall'euforica, trascinante, inventiva della belle époque, quando aveva conquistato il mondo con La vedova allegra e Il conte di Lussenburgo, raccogliendo lo scettro lasciato da Strauss, ma un autore che aveva visto crollare l'Impero asburgico e che, pur con qualche sprazzo ispirato, aveva trascorso un periodo di scarsa vena e di delusioni"". Così, oltre alle romanze sentimentali, valzer e polche, come abbiamo visto con Kalman, troviamo le nuove musiche alla moda "che coloravano la vicenda ora passionale e ora comica, come si addiceva a un tipico prodotto di transizione"". Presentata con una sontuosità senza pari, che dette modo di mostrare quadri che erano una festa per gli occhi, e interpretata in maniera eccellente, ricevette cinque chiamate per tutti gli interpreti al termine del primo atto, sei dopo il secondo, molte altre alla chiusa: e ancora applausi a scena aperta, bis, e continue "esplosioni di sincera ammirazione". Anche il critico della Gazzetta di Parma ammirò la profusione delle danze, della musica ricca di grazia, "da cui traspare a tratti l'impronta del maestro popolare e caro, ma non più quello d'un tempo". Se dell'altra novità, una favola giapponese, Juschi, che, come Butterfly o Mimosa narrava di una fanciulla del Sol Levante che si muoveva tra profumi, sorrisi, colori dei fiori, spandendo attorno a sé grazia e soavità, mentre la musica s'armonizzava nei primi due atti deliziosamente all'ambiente, saliva nel terzo a un grado di vivacità e giocondità che culminava con una indiavolata, fragorosa e impetuosa danza americana, trascinando il pubblico al plauso e alla richiesta di bis. Dell'ultima novità, Sibilla, sappiamo solo che altrove aveva avuto successo: di quanto avvenne al Reinach, la stampa non disse.

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2-3 giugno 1923 - Rappresentazione straordinaria d'opera
Anacleto Tavemari impr.; Gustavo Antonini dir. orch.

Il barbiere di Siviglia, melodramma buffo, musica di Gioacchino Rossini. (2)
Alfredo Tedeschi (Almaviva) t; Pietro Bordogni (Bartolo) bs; Mercedes Capsir (Rosina) s; Luigi Montesanto (Figaro) br; Umberto Di Lelio (Basilio) bs; Olga Ambonetti (Berta) s; Paolo Ferretti (Fiorello) t

Due spettacoli, due teatri esauriti, con plauso e chiamate. Per la Capsir, straordinaria virtuosa dalla voce pura e agilissima, esplosioni di meraviglia, entusiasmo inenarrablle, alla soglia del fanatismo per la dovizia dei trilli, dei picchettati, e dei limpidissimi flautati. Per la lezione interpretò un frammento di Mozart. Luigi Montesanto, salutato con un applauso di sortita, entusiasmò per la signorilità e le belle doti di cantante intelligente. In conclusione vi fu gloria per tutti.

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