L'opera appesa

boheme

Il manifesto è il luogo dove la citta si rappresenta e dove ogni storia trova la sua collocazione.Nel primo Ottocento sono soltanto storie disegnate, avvisi, indicazioni, grida appiccicate suimuri. Poi, negli ultimi due decenni del XIX secolo, per prima in Francia, quell'universo in biancoe nero privo di immagini diventa figura e colore. Si diffonde fuori da quel luogo deputato che è ilteatro, diventa presenza negli spazi urbani trasformandosi da manifesto operistico a manifestoin cui il protagonista diventa l'interprete.Qui si può seguire il percorso dalla locandina d'inaugurazione del Nuovo Teatro Ducale di Parma(l'attuale Regio) nel 1829, fatta solo da una cornice con dentro parole, alle prime immagini nelmanifesto degli Ugonotti di Meyerbeer del 1870, e poi i gesti dei cantanti sulla scena come quelliche ritroviamo nel manifesto di Aida del 1872 al Regio di Parma, ove le immagini propongonomponenti messe in scena in alto, ai lati i balletti e sotto il finale dell'opera. Il manifesto diventaracconto.In quello dell'Otello parmigiano del 1887 invece le immagini dei protagonisti sono unite a quelledel luogo di rappresentazione (il Battistero e la fronte del Teatro Ducale), con l'araldo, la tromba,le palme, lo stemma, il manifesto si sta continuamente trasformando.Ma non ci sono solo i manifesti, ci sono anche gli abiti. L'abito è sempre un gesto critico delcostumista e del regista ma è anche la condizione dei movimenti e dei gesti del cantante. Eccouna storia, un intreccio complesso di racconti: i gesti dei manifesti, i colori di quei gesti, e infinegli abiti che condizionano, stimolano, esaltano quei gesti sempre nuovi, sempre rinnovati ad ogni rappresentazione

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