Domenica 27 agosto, alle ore 21, la Casa della Musica ospita il Festival della Parola, con lo spettacolo teatrale “A casa loro”. Scritto dai giornalisti Giulio Cavalli e Nello Scavo, a partire da inchieste e da documenti delle Organizzazioni Internazionali, il monologo dà voce a “quella parte del mondo che ci illudiamo di conoscere e di poter giudicare guardando le immagini dei profughi mentre invece ci viene nascosta nel buio delle notizie non date”.
Il monologo, in un atto unico, è interpretato dallo stesso Cavalli, accompagnato alla chitarra da Federico Rama. Il Mediterraneo è il cimitero liquido dei nostri scheletri ma lì intorno, nelle regioni che scendono per l’Africa, quelle sulla rotta balcanica e nella zona impigliata tra i fili spinati della Turchia ci sono le persone. Persone, semplicemente, con il fardello delle loro storie che hanno l’odore di carne viva, senza valigie, ma con quintali di paura, costretti al macabro destino di stare sulle pagine dei giornali o sulle bocche più feroci della politica e poi davvero non avere un posto dove stare.
“Il mare - spiegano gli autori dello spettacolo - non uccide. Ad uccidere sono le persone, la povertà, le politiche sbagliate e le diseguaglianze che rendono il mondo un posto opposto dipendentemente dal nascere dalla parte giusta o sbagliata”. A casa loro è anche la scelta di versare sul palco quel pezzo di mondo che ignoriamo per assolverci e invece la storia ce ne renderà conto perché la solidarietà non sta nei regolamenti, nei trattati internazionali e nemmeno negli editoriali. E per questo forse anche uno spettacolo teatrale serve: i furbi parlano molto di solidarietà, ma ne parlano troppo con chi avrebbe bisogno di riceverla, anziché parlarne con chi avrebbe bisogno di farla.
Al termine dello spettacolo dialogo dei giornalisti Giulo Cavalli e Nello Scavo con il pubblico.
A CASA LORO
Giulio Cavalli, voce recitante
Federico Rama, chitarra
Giulio Cavalli e Nello Scavo, testo
Giulio Cavalli è uno scrittore, attore e giornalista e si occupa di criminalità organizzata con inchieste, spettacoli, conferenze e incontri nelle scuole.
Nello Scavo è giornalista di "Avvenire", nonché reporter internazionale e cronista giudiziario. Negli anni, ha indagato sulla criminalità organizzata e il terrorismo globale, firmando servizi da molte zone «calde» del mondo come la ex-Jugoslavia, il Sudest asiatico, i paesi dell'Urss, l'America Latina, il Corno d'Africa.
Il Festival della Parola quest’anno raggiunge la “doppia cifra”. Sin dal suo debutto nel luglio 2014, il festival ha sempre puntato a creare incontri e commissionare (o ospitare) spettacoli sinestetici, in occasione di celebrazioni d’interesse nazionale o particolari ricorrenze legate a figure della musica, del cinema e, in generale, della cultura del nostro Paese. Il 2023 è l’anno della X edizione. Per una manifestazione culturale tale traguardo, simbolico, ma ricco di significato, può essere paragonabile al raggiungimento della maggiore età per una persona. Per questa ragione, dopo Luigi Tenco (2018), Giorgio Gaber (2019), Federico Fellini (2020), Dante Alighieri (2021), Pier Paolo Pasolini (2022), l’edizione 2023, la numero 10 del Festival, non sarà altro che una vera e propria Festa della Parola, esplicata e declinata in alcune delle infinite sfaccettature che la compongono; la parola intesa come suono, denuncia, canto, lotta all’omertà, dono, poesia, ricordo, inclusione, ricerca della verità, megafono per la solidarietà, percorso di arricchimento, parola intesa anche come espressione dell’arte, in tutte le sue manifestazioni creative. Con accresciuto senso di responsabilità, il Festival punta quindi, più che mai, a offrire alla comunità di Parma e alla sua provincia contenuti di qualità, momenti di riflessione su tematiche stringenti e attuali, quali il percorso ancora in salita della donna nel mondo del lavoro, la scienza al servizio del futuro (e non fonte dipericolo), l’arte (e il talento creativo in tutte le sue forme) come ponte di integrazione per una migliore convivenza tra popoli, l’accoglienza, la cultura della legalità. Il tutto arricchito da produzioni artistiche, sinestetiche, originali. Con loro e altri ospiti, il Festival intende esaltare opportunità, storie, esperienze, realtà, persone che solo l’Italia riesce a partorire, ma che non sempre è brava a custodire, esaltare, proteggere. Il Festival punta a rappresentare un annuale punto d’incontro di pubblici diversi per età, estrazione, etnia e, allo stesso tempo, un luogo dove convogliare tutti i componenti della famiglia, grazie all’utilizzo, accanto alla parola, di linguaggi universali e diretti, quali ad esempio la musica, la pittura, l’illustrazione.