Se fino alla fine del Settecento l’opera tragica rimase espressione delle corti che la finanziavano, anche in quegli ambienti l’opera comica cominciò ad avere il suo successo, diventando il divertimento privato dei sovrani – anche perché, in quei contesti, non esisteva il problema di comunicare all’esterno la magnificenza del potere. Nel teatrino di corte a Colorno, residenza estiva dei primi Borbone-Parma, si rappresentavano stagioncine di opere comiche a cui assistevano i duchi e la nobiltà, e qualche volta si piccavano di prenderne parte. Si suppone persino che il libretto del Figlio del Gran Turco, comico già dal gioco di parole del titolo, sia stato scritto in persona da Ferdinando di Borbone, che pare si sia anche esibito cantando sul palcoscenico. Il soggetto era tratto dal Borghese gentiluomo di Molière e la musica di Antonio Rugarli, che l’anno successivo fu nominato maestro di cappella ducale.
If until the end of the eighteenth century the tragic opera remained an expression of the courts that financed it, even in those environments the comic opera began to have its success, becoming the private entertainment of the sovereigns - also because, in those contexts, there was no problem of communicating the magnificence of power to the outside world. In the court theatre in Colorno, the summer residence of the early Bourbons-Parma, seasons of comic operas were represented, attended by the dukes and the nobility, and sometimes they were tempted to take part in the performance. It is even assumed that the libretto of the Figlio del Gran Turco, comic from the very pun in the title, was written by Ferdinando of Bourbon in person who apparently also performed singing on stage. The subject was taken from Molière's Gentleman bourgeois and the music was by Antonio Rugarli, who the following year was appointed ducal chapel master.
Nella mente di Richard Wagner, L’anello del Nibelungo, ciclo di imponenti drammi musicali in quattro giornate (L’oro del Reno, La Valchiria, Sigfrido e Il crepuscolo degli dèi) terminato nel 1874 dopo un quarto di secolo di lavoro, avrebbe dovuto essere l’espressione del più profondo sentire germanico, nella rappresentazione della caduta di un’età basata sulla violenza per far posto a un nuovo ordine basato sull’autodeterminazione della libertà dei popoli. A suo modo, è una visione politica, tanto più che l’ambizione per l’oro prevale minacciosamente su quella per l’amore. Ma una costruzione così articolata, a tratti enigmatica e impregnata di simboli, non si sarebbe mai potuta sottrarre a letture di ogni genere. Nel suo fortunatissimo The perfect Wagnerite (Il wagneriano perfetto, 1898), il grande drammaturgo irlandese George Bernard Shaw (1856-1950), con la scusa di spiegare L’anello a un pubblico che ignorava completamente la musica di Wagner, lo rilegge con apparente ironia e serissima analisi come metafora dello scontro di gruppi all’interno della società capitalista contemporanea.